venerdì, 26 Aprile, 2024
Società

Calcio: report Aic, 114 atti intimidazione in ultime due stagioni

Nelle ultime due stagioni (2019-20 e 2020-21) sono stati censiti 114 atti di intimidazione e minaccia verso i calciatori, col 70% dei casi registrato nel campionato 2019/2020.
Nel 75% dei casi sono calciatori singoli ad essere fatti oggetto di minaccia (58% di questi sono stranieri) mentre due casi su tre(79%) si registrano nei campionati professionistici (63% solo nella Serie A). La Serie D è il campionato dilettantistico più “pericoloso” (9%). Trend in controtendenza con le ultime 5 stagioni, nelle quali era stato il campionato di Eccellenza quello in cui si minacciava e si intimidiva di più. E ancora: un caso su 10 (9%) riguarda i campionati giovanili. Sono alcuni dei dati che emergono dal rapporto “Calciatori sotto tiro”, stilato dall’osservatorio dell’Aic, in cui si riportano dati, storie, analisi, focus su casi particolari, contribuendo così a portare all’attenzione pubblica un fenomeno particolarmente preoccupante e diffuso nel mondo del calcio.
Nord, Centro e Sud-Isole fanno registrare sostanzialmente lo stesso livello di rischio, a differenza degli ultimi anni in cui il Sud era stata l’area più “calda”. Diversi, invece, appaiono i dati delle regioni: Lazio (20%), Campania (13%) e Lombardia (11%) guidano la classifica, e sono anche tra le regioni più numerose per calciatori tesserati.

I casi relativi ai calciatori di Roma e Lazio, Napoli, Inter e Milan influiscono sulla classifica. Le modalità principali con cui i calciatori sono stati minacciati, offesi e intimiditi sono state le seguenti: 31% cori offensivi, dentro e fuori dagli impianti sportivi, prodotti da gruppi di ultras la cui identificazione, in particolare di alcuni singoli, risulta particolarmente difficile;
26% social network (in particolare Instagram), sia direttamente sia su profili di mogli, figli, fratelli; 18% striscioni contro le squadre appesi dentro o fuori gli stadi e i centri di allenamento o, addirittura, sotto casa di alcuni atleti (18%), come nel caso di Mauro Icardi e Lorenzo Insigne; 11% offese e minacce verbali, sia negli impianti sportivi sia in luoghi pubblici; 6% aggressioni fisiche dentro e fuori degli stadi e dei centri sportivi.
Contrariamente all’aumento delle minacce social, si registra una sensibile diminuzione delle aggressioni fisiche rispetto agli anni precedenti. Le principali cause per cui i calciatori sono stati minacciati, offesi e intimiditi sono state invece le seguenti: 42% razzismo; 32% prestazioni ritenute scarse e tali da motivare, secondo le tifoserie, una serie di ripetute sconfitte; 8% trasferimento del calciatore ad altra squadra.

Contrariamente a quanto emerso nei Report precedenti, nelle ultime due stagioni sportive sono stati soprattutto le tifoserie avversarie a offendere, minacciare ed intimidire i calciatori (65% dei casi) sia per motivi che rasentano l’odio verso le singole persone e ciò che esse rappresentano, sia per “deconcentrare” gli atleti in vista di una sfida importante. “Il Covid ci costringe a vivere un calcio molto diverso – ha commentato il presidente Aic, Umberto Calcagno – Stadi chiusi, o con capienza ridotta, che hanno messo a dura prova in questi anni la passione dei tifosi e, di contro, aumentato le minacce ai danni di calciatori e calciatrici.
I dati mostrano chiaramente che la pandemia, pur limitando il contatto fisico, ha cambiato il modo di minacciare e intimidire gli atleti. Le minacce fisiche si sono trasferite sui social network. In molti casi non si tratta di contestazioni o post polemici; quanto piuttosto di vere e proprie ingerenze nella sfera personale. Avvilisce registrare che il razzismo resti ancora la causa principale delle intimidazioni. In questo triste quadro, tuttavia, spicca l’impegno concreto di alcune società che hanno voluto allontanare dagli stadi gli autori (riconosciuti) di alcuni episodi per 5 anni o, addirittura, a vita”.

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