“I Care”; Don Milani nella sua scuola di Barbiana adottò questo motto – ripreso dalla meglio gioventù americana degli anni ’50 e ’60 – che significa “Me ne importa, mi sta a cuore” in antitesi rispetto al “Me ne frego” di matrice fascista. Lo utilizzava rispetto al sistema educativo scolastico: per promuovere una cultura civile e sociale protesa verso l’attenzione e la compassione del prossimo. La manifesta volontà di aver cura dell’altro, lascia però in uno stato di gestazione la sottintesa adempienza di un fatto futuro. Di qualcosa cioè che deve ancora avvenire e che presuppone un desiderio di cambiamento dello stato di cose presente.
LO STATO INTERMEDIO
Perché si cambi un modo di pensare, una mentalità radicata, non basta purtroppo stralciare quella precedente – proprio nel rispetto del valore delle parole. Le parole possiedono un peso specifico e dentro ciascuna di loro risiede una forza spirituale che la tramuta, dopo uno stato intermedio di comprensione, in un fatto: come se ognuna fosse un bruco nello stato larvale, in attesa di essere farfalla. Una farfalla che voli, ormai completa: come il fatto, che è avvenuto e proprio in quanto tale s’è svuotato di tutte quelle energie che dandogli la vita al contempo gliela tolgono: grazie al suo coronamento di realizzazione finale. Proprio come la farfalla: viva finalmente, per poco, e poi per sempre morente.
LA CRISALIDE DELLA MEMORIA
Il ciclo della vita della farfalla ha bisogno di un lungo periodo da crisalide – come per lo stato intermedio dell’aufhebung hegeliano – per giungere al superamento della sua natura primordiale. Quello stato nel quale, rinchiusa nel suo bozzolo duro e coriaceo, subisce la serie necessaria di trasformazioni che la renderanno farfalla – proprio quello, quel limbo ne identifica la memoria. Se non ci fosse quello stadio di superamento e pure di raccoglimento ed interiorizzazione di ciò che è stata, che significa duplicemente – come per Hegel, appunto – “togliere via, eliminare” e “sollevare, conservare” (dal verbo aufheben), non potrebbe cambiare e migliorare, completando il suo processo: non potrebbe liberarsi del prima e divenire il dopo.
RICORDARE E’ UN DOVERE NATURALE
Ecco, quanto si rende importante ricordare, nel nostro percorso naturale. Abbiamo il sacrosanto dovere, oltre che il naturale bisogno, di ricordare ciò che siamo stati per migliorarci e poterci occupare degli altri. Dunque, se “Io mi ricordo” posso prendermi cura dell’altro e smettere di “fregarmene”. Per non tornare allo stato larvale – metaforicamente e non – al quale fummo ridotti durante la legislazione antiebraica in Italia, occorre ricordarcene: bene e spesso. E’ necessario conoscere e comprendere il passato per non ripeterlo ed evolverci, come per natura deve avvenire. Perciò: “Io mi ricordo”.