sabato, 20 Aprile, 2024
Editoriale

Allarme infertilità maschile in Italia

Il numero di giovani maschi infertili è in costante aumento. 

Dal XIII Congresso Nazionale Scientifico della Fimp (Federazione Italiana Medici Pediatri) è emerso un dato estremamente preoccupante che spiega anche alla luce di cause di ordine medico la denatalità che interessa il nostro Paese.

Secondo gli studiosi negli ultimi 40 anni la concentrazione spermatica e la conta spermatica totale si sarebbe dimezzata. 

Di qui la soluzione proposta dai partecipanti al Simposio che consiste nel  “dare il via ad una nuova e  più forte alleanza tra andrologi e pediatri di famiglia per contrastare più efficacemente l’infertilità maschile nel nostro Paese”. 

Il tutto in considerazione del fatto che “si tratta di un grave problema di salute che interessa oltre cinque milioni di italiani e rappresenta una delle cause della denatalità del Belpaese”.

Il XIII Congresso Nazionale Scientifico della Federazione Italiana Medici Pediatri, svoltosi a Paestum, ha registrato la partecipazione di oltre mille pediatri di famiglia. Per la prima volta è stata prevista una sessione intera dedicata all’andrologia. 

Il Presidente Nazionale della Fimp, Paolo Biasci, ha sottolineato che “il pediatra di famiglia deve imparare sempre più ad interagire con lo specialista andrologo per ottimizzare i percorsi di diagnosi e terapia”. E ancora: “l’infertilità maschile non è una malattia come le altre, in quanto presenta delle evidenti implicazioni anche di carattere sociale e politico. Fino al 75% dei casi le reali cause dell’insorgenza sono sconosciute, tuttavia esistono dei parametri che devono essere monitorati fin dall’età pediatrica”.

L’Italia sta vivendo un declino demografico frutto del combinato disposto del calo delle nascite e dell’aumento dei decessi. Una tendenza ormai in atto dal 2015, di cui si ha memoria nella storia d’Italia solo risalendo al lontano biennio 1917-1918, un’epoca segnata dalla Grande Guerra e dai successivi drammatici effetti dell’epidemia di febbre “spagnola”.

Stando alle previsioni dell’Istat nel 2050, la quota dei 15-64enni potrà scendere al 54,2% del totale, circa dieci punti percentuali in meno rispetto a oggi. Il che ci farebbe raggiunge un assai poco invidiabile primato, entrando a far parte del novero dei paesi con una significativa riduzione della popolazione in età lavorativa.

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Ettore Di Bartolomeo

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