Divideremo con loro il “pane quotidiano” ed il “debito buono“, per il benessere di tutti.
Le missioni di pace, il salvamento in mare, le accoglienze, la garanzia della sicurezza, la tutela della salute, l’assistenza ai meno abbienti, ai bisognosi ed ai senza fissa dimora, hanno costi elevati e se l’apparato dello Stato non usa le regole del “buon padre di famiglia”, la bancarotta è dietro l’angolo. I debiti buoni o cattivi che siano vanno onorati, “ad ogni costo”.
Proteggere gli oppressi a casa loro e spalancare le braccia ai fuggitivi costituisce un nostro sentimento umanitario, di buonsenso e morale, ma è – sopratutto – un ineludibile dovere giuridico:
“…Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha il diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.” (art.10)
Per conciliare diritti e doveri giuridici e morali non occorrono acrobazie, essendo esercizi ai quali siamo abituati per averne sperimentato le privazioni dei diritti di libertà, con disagi, sofferenze e condizionamenti, sia nel ventennio fascista e sia durante le calamità naturali, succedutesi nel tempo, dalle Alpi alle Piramidi, dal Friuli al Belice nonché in ultimo quella da Covid-19 che ci tiene ancora uniti e litigiosi.
È proprio questo il banco di prova della nostra classe politica che evidenzia posizioni diverse e distinguo tra immigrati di serie A e quelli di serie B, tra quelli salvati a mare coi barconi di fortuna con varie peripezie e quelli privilegiati con aerei di Stato.
Non si può trattare con dittatori e terroristi, ma non si può neanche rimanere indifferenti e non attivare tutte le fonti di diplomazia europea e mondiale. I conflitti si espandono facilmente e meno facilmente svaniscono. È sotto i nostri occhi lo scacco matto dopo vent’anni di assistenza e protezione locale al popolo dell’Afghanistan.