venerdì, 19 Aprile, 2024
Il Cittadino

Di destra e di sinistra 2021

Provo a essere leggero in questa domenica pre-ferragostana.

Quindi un gioco che periodicamente veniva proposto per capire cos’è di destra e cosa, invece, sia di sinistra.

Un gioco senza certezze, come profeticamente enunciava Gaber (che qui e la citerò) nel suo “destra e sinistra”. Con un elevato grado di difficoltà: già complicato, nell’era in cui destra e sinistra erano come il diavolo e l’acqua santa, come l’MSI ed il PCI; quasi impossibile, al giorno d’oggi dove il banco è saltato (e non mi riferisco al Monte dei Paschi di Siena, che nasce di sinistra, ma forse conviene alla destra) e dove non ci sono limiti ai compromessi ed ai tripli salti mortali ideologici, pur di avere il potere.

Potere che, poverino si adatta e non distingue più tra destra e sinistra: forse in forza del proverbio siciliano “cumandari è megghiu i futtiri” che sollecita libidine in ambo gli schieramenti, entrambi andreottianamente consapevoli e convergenti al centro perché “il potere logora chi non ce l’ha”.

Gioco senza certezze: mi era parso chiaro nei primi anni ‘70 nella “nera” facoltà di giurisprudenza, a destra della Statua della Sapienza: alla cui sinistra c’era, ovviamente, la “rossa” facoltà di lettere. Stavo sfogliando il Corriere della Sera; passa uno studente del mio corso e mi dice, schifato: «credevo fossi di destra!». Neppure il tempo di riprendermi che un giovane assistente, molto deluso, mi rimprovera: «credevo fossi di sinistra!».

Ero giovane e rimasi confuso. Io non ero né rosso, né nero, ma ero per il centralissimo – e verde – Partito Repubblicano.

Era prima del 14 gennaio 1976, perché da quel giorno e per più di trent’anni comprai La Repubblica: giornale “di sinistra”, ma con una idea di destra, espressa addirittura da Scalfari che per aumentare le vendite, pare che, urlando, avesse imposto di parlare più di “pelo”: un’anticipazione di Albanese, che è un comico di sinistra, che piace più alla destra.

Scelte giornalistiche, le mie, che riflettono una certa ambiguità. La verità è che fin da giovane abbracciai il pragmatismo: nessun preconcetto, nessun dogma, nulla di cui non potessi dubitare. Da qui il mio meraviglioso PRI, nobile di un 2% elitario e sempre decisivo, utile sia a un governo di centrodestra che ad uno di centrosinistra: sembra quasi un’anticipazione dei giorni d’oggi.

Un giorno, non molti anni fa, incontrando due amici che hanno non solo il mio affetto, ma la mia stima incondizionata come giuristi e come uomini, gli portai in regalo l’ultimo libro di Stefano Rodotà, Il diritto di avere diritti (Roma, 2012). Nell’offrirglielo commentai: «È uno degli uomini che più mi ha influenzato nella vita, che ho sfiorato mille volte, ma che non mi è mai capitato di incontrare». Mi guardarono con meraviglia: «Veramente non si direbbe…» commentarono all’unisono. Si riferivano al mio essere moderato, al mio liberalismo e a tanti altri aspetti del mio contraddittorio essere: che trovavano inconciliabile con la “loro” lettura di Rodotà.

Avevo voluto fare un gesto di sinistra, ad amici intelligenti di sinistra, che hanno reagito come avrebbero fatto persone di destra: «ma cos’è la destra, cos’è la sinistra» (Gaber).

Eppure, ci rifletto ancora ad anni di distanza, quelle considerazioni lette in chiave marxista portavano ad un risultato, lette cogliendone gli aspetti liberali (non completamente estranei al mondo comunista italiano: «Il pensiero liberale è di destra; ora è buono anche per la sinistra», Gaber) conducevano alle mie conclusioni. È un fatto, comunque, per il sottoscritto, che la lettura degli studi di Rodotà sulla proprietà (“il terribile diritto”) mi hanno dato la reale dimensione del diritto, in nulla coincidente con l’idea che fino ad allora mi era stata trasmessa.

Consentitemi una digressione giuridica. La norma che tratta il diritto di proprietà (invero lo spiega senza definirlo) è del 1942, nel codice civile “fascista” (che non è un codice “di destra”). È addirittura antecedente la nostra Costituzione. Dal 1942 non è mutata di una virgola: ma è cambiato, come detto, in maniera veramente rivoluzionaria, la sua interpretazione, il suo contenuto, senza che vi sia stato bisogno di nessun intervento legislativo. Si è semplicemente adeguata ai tempi.

Ma torniamo al nostro giochetto. Non possiamo che partire dall’atteggiamento verso il Covid: dove c’è un ribaltamento di posizioni. Quelli di destra, magari ispirati da nostalgie fasciste, dovrebbero essere i campioni delle restrizioni delle libertà. Invece difendono a spada tratta la libertà dalla mascherina, la non discriminazione in base al Green pass. Quelli di sinistra, invece, invocano restrizioni: ricordando (francamente mi sembra non in maniera del tutto appropriata) l’ovvio principio che la libertà individuale finisce appena lede quella altrui.

È un tema troppo caldo per esprimermi, ma in generale credo si possa dire che limitare la libertà è sempre di destra: anche se lo fanno i comunisti cinesi ad Hong-Kong.

Ma come è cambiata, senza mutamenti legislativi, l’idea di proprietà privata è mutato anche l’essere di destra o di sinistra.

Quand’ero ragazzo “Il pescatore” (Fabrizio de Andrè) – che accoglie sulla spiaggia un assassino in fuga, che lo disseta e sfama cristianamente, e che non risponde ai carabinieri che lo interrogano – era di sinistra (un po’ come le sigarette “di contrabbando” che Gaber definiva di sinistra e che oggi, per via delle tasse evase sarebbero di destra).

Il pescatore nel 2021 sarebbe espulso da qualsiasi formazione politica: ripudiato dalla destra che è garantista solo nei confronti di reati da borghesi (per tutti gli altri, mettiamoli in cella, senza processo e buttiamo la chiave) e rinnegato dalla sinistra che, per l’ennesima volta, in nome della centralità dello Stato, perde completamente di vista l’individuo e cede al demagogismo.

Ovviamente – e concludo – il mio liberalismo socialista è l’unica forma possibile di sinistra. Ma anche di destra. In ciò sono assolutista.

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