Nel 2024 oltre un quinto della popolazione residente in Italia si è trovato a rischio di povertà o esclusione sociale. A lanciare l’allarme è stato l’Istat nel suo ‘Rapporto Annuale 2025’, presentato ieri alla Camera dei Deputati. Una fotografia impietosa di un Paese che, pur mostrando segnali di crescita economica e occupazionale, si confronta con squilibri sociali, demografici e territoriali profondi, che mettono in discussione la sostenibilità del suo sviluppo.
Il Mezzogiorno si conferma la zona più esposta: il 39,8% dei residenti nel Sud e il 38,1% nelle Isole vive in condizioni di vulnerabilità economica e sociale. A livello nazionale, il rischio cala tra gli anziani (15,6% per le coppie senza figli con persona di riferimento over 65) ma raddoppia per le famiglie giovani (30,5% se il principale percettore di reddito ha meno di 35 anni). Questi dati rivelano una precarietà generazionale che affonda le sue radici in un mercato del lavoro frammentato e in una rete di protezione sociale non sempre efficace.
Sanità negata
Una persona su dieci ha rinunciato a visite mediche o esami specialistici nel 2024. Le motivazioni principali: le lunghe liste d’attesa (6,8%) e i costi delle prestazioni (5,3%). Si tratta di un dato in crescita rispetto al 2023 (7,5%) e al periodo pre-pandemico (6,3% nel 2019), che evidenzia l’acuirsi delle diseguaglianze nell’accesso alla salute, con ripercussioni gravi sul benessere della popolazione.
Economia
La crescita economica dell’Italia si è attestata allo 0,7% nel 2024, confermando un ritmo contenuto già registrato nel 2023. Il primo trimestre del 2025 indica una crescita dello 0,3%, ma le prospettive restano incerte a causa di fattori esterni, come le politiche protezionistiche statunitensi, e interni, come la ripresa dell’inflazione che penalizza i consumi delle famiglie. Gli investimenti fissi lordi rallentano drasticamente (+0,5% contro il +9% del 2023), con una contrazione della spesa per abitazioni e macchinari.
Gli occupati sono cresciuti di 352 mila unità nel 2024 (+1,5%), raggiungendo quota 23,9 milioni. Il dato è positivo, soprattutto grazie ai contratti a tempo indeterminato, mentre quelli a termine calano del 6,8%. Ma l’Italia rimane fanalino di coda in Europa per il tasso di occupazione nella fascia 15-64 anni, penalizzata dalla scarsa partecipazione al lavoro delle donne (inattività al 42,4%) e dei giovani. La percentuale di Neet (giovani che non studiano, non lavorano e non si formano) è al 15,2%, la seconda più alta dell’Ue.
Un Paese che invecchia
Al 1° gennaio 2025 la popolazione residente è scesa sotto i 59 milioni. Solo gli stranieri (9,2% del totale) e i nuovi cittadini italiani risultano in crescita. Il saldo naturale resta negativo e le nascite toccano un minimo storico: 370mila nel 2024, con una fecondità media di 1,18 figli per donna. Una donna su quattro non ha figli e l’età media al primo figlio continua a salire. Il saldo migratorio, pur positivo (435 mila ingressi), non compensa l’esodo: 191mila persone hanno lasciato l’Italia nel 2024, di cui oltre 156 mila italiani. Particolarmente allarmante è l’emigrazione dei giovani laureati (21 mila tra i 25 e 34 anni), con un saldo negativo decennale di 97 mila talenti.
Un quarto dei residenti ha più di 65 anni, mentre gli under 15 sono dimezzati. Gli ultraottantenni sfiorano i 4,6 milioni e gli ultracentenari superano i 23.500. Le proiezioni demografiche indicano un’ulteriore accentuazione dell’invecchiamento, con impatti significativi su welfare, sanità e modelli abitativi. Le famiglie unipersonali superano il 36%, mentre le coppie con figli scendono al 28,2%. Crescono i nuclei non tradizionali: genitori soli, famiglie ricostituite, coppie non sposate. Il 63,3% dei giovani tra i 18 e i 34 anni vive ancora con i genitori.
Matrimonio e famiglia
I matrimoni sono in calo costante da decenni: nel 2023 sono stati 184.207, a fronte di 82mila separazioni e 80 mila divorzi. Il matrimonio è sempre più posticipato o evitato del tutto, mentre aumentano le unioni libere. La denatalità e la crescente instabilità coniugale alimentano l’emergere di nuovi modelli familiari, con forti implicazioni sociali e culturali.
Istruzione e competenze
Solo due terzi degli adulti italiani hanno almeno un diploma, uno su cinque una laurea. L’abbandono scolastico è ancora elevato, specie nel Sud e tra gli stranieri. Il livello di istruzione dei genitori continua a incidere pesantemente sui percorsi dei figli, perpetuando le disuguaglianze.
Sul fronte digitale, l’Italia mostra progressi lenti: solo il 45,8% della popolazione adulta possiede competenze digitali di base. Il divario rispetto alla media Ue (55,5%) resta ampio, e ancora più marcate sono le differenze territoriali e generazionali. Tra i 75 e i 79 anni solo il 44,3% usa regolarmente Internet.
Transizione energetica
Nel 2024 la produzione da fonti rinnovabili ha raggiunto i 130 TWh, circa il 49% del totale. Un progresso significativo rispetto al 40% del 2014, trainato soprattutto da fotovoltaico ed eolico. Ma l’Italia resta indietro rispetto ai maggiori Paesi europei, anche a causa della minore incidenza del nucleare. L’idroelettrico continua a rappresentare il 40% delle rinnovabili, nonostante un calo.
Un Paese da ricucire
“Il rientro da una fase di elevata inflazione e la crescita dell’occupazione sono risultati positivi, ma non devono farci dimenticare i vincoli che inibiscono uno sviluppo più sostenibile e inclusivo” ha sottolineato il presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli. Le criticità strutturali restano gravi: un mercato del lavoro ancora frammentato, un capitale umano in fuga, un welfare sotto pressione, un tessuto sociale sempre più fragile. Eppure, secondo Chelli, esistono anche opportunità: la crescita del capitale umano tra i giovani può diventare la leva per accelerare la trasformazione digitale e sociale del Paese.