In Italia la gestione delle risorse idriche si trova ad affrontare una crisi significativa: ogni 100 litri di acqua immessa nella rete per usi civili, meno di 58 litri arrivano effettivamente agli utenti finali. Gli altri 42 litri, pari a un valore assoluto di 3,4 miliardi di metri cubi all’anno, si perdono lungo una rete idrica spesso datata e mal tenuta. Si tratta di uno scenario allarmante, descritto dettagliatamente dall’Ufficio studi della Cgia, che evidenzia le differenze territoriali profonde e le problematiche strutturali del sistema. Le perdite idriche variano drasticamente a livello territoriale. Nel comune di Potenza, il 71% dell’acqua immessa in rete non arriva ai rubinetti delle abitazioni. Situazioni simili si registrano a Chieti (70,4%), L’Aquila (68,9%), Latina (67,7%) e Cosenza (66,5%). Al contrario, città del Nord come Milano (13,4%), Pordenone (12,1%), Monza (11%), Pavia (9,4%) e Como (9,2%) presentano perdite molto più contenute.
Queste disparità sono particolarmente critiche nel Mezzogiorno, dove la scarsità di piogge dall’inverno scorso e le temperature estive estremamente elevate aggravano ulteriormente la situazione. In queste aree, una dispersione superiore al 50% rappresenta un vero e proprio ‘delitto’ contro una risorsa vitale.
La dispersione
Va detto che, in linea di massima, la dispersione è riconducibile a più fattori: alle rotture presenti nelle condotte, all’età avanzata degli impianti, ad aspetti amministrativi dovuti a errori di misurazione dei contatori e agli usi non autorizzati (allacci abusivi). Va altresì segnalato che la presenza di fontanili nei centri urbani, soprattutto nelle zone di montagna, può dar luogo a erogazioni considerevoli e di conseguenza a elevate perdite. Nella campagna romana e abruzzese, inoltre, i fontanili sono degli abbeveratoi in muratura utilizzati dagli agricoltori e dagli allevatori nelle tenute e nei recinti per il bestiame. Non tutto il Sud, comunque, versa in condizioni ‘disastrose’; fortunatamente ci sono delle situazioni virtuose che vanno doverosamente segnalate. Se, a esempio, nel comune di Trapani la dispersione raggiunge solo il 17,2 per cento dell’acqua immessa in rete, a Brindisi il 15,7 per cento e a Lecce il 12 per cento; un valore, quest’ultimo, addirittura inferiore a quello riscontrato nel comune di Milano.
Consumi e bisogni
L’Italia è il paese più ‘idroesigente’ d’Europa con consumi idrici totali che ammontano a 40 miliardi di metri cubi all’anno. Di questi, il 41% è destinato all’agricoltura, il 24% agli usi civili, il 20% all’industria e il 15% alla produzione di energia elettrica. Questa elevata domanda d’acqua mette sotto pressione un sistema già fragile e accentua le problematiche legate alle perdite. A livello regionale, la Basilicata registra la situazione più critica con una dispersione del 65,5%, seguita dall’Abruzzo (62,5%), Molise (53,9%), Sardegna (52,8%) e Sicilia (51,6%). Al contrario, Lombardia (31,8%), Valle d’Aosta (29,8%) ed Emilia Romagna (29,7%) si distinguono per una gestione più efficiente delle risorse idriche.
La crisi idrica non colpisce solo l’agricoltura e l’allevamento, ma anche le micro e piccole imprese dei settori manifatturieri più idroesigenti come l’estrattivo, il tessile, il petrolchimico, il farmaceutico e altri.
Il Pnrr
Il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) ha stanziato oltre 5,3 miliardi di euro per migliorare le infrastrutture idriche, ridurre le perdite e modernizzare il sistema irriguo. Ma potrebbe essere necessario considerare anche soluzioni come i dissalatori, già utilizzati con successo in altri paesi come Israele e Spagna, nonostante le controindicazioni legate all’alto consumo energetico e agli impatti ambientali.