Il 24 febbraio, data dell’attacco all’Ucraina, ha segnato la fine del periodo di non belligeranza in Europa. La crisi militare, quella energetica, già presente, la difficoltà nelle forniture di cereali e derivati, la penuria di olio di semi e fertilizzanti con l’impennata dei costi produttivi hanno dato slancio all’inflazione. Se ne è parlato ieri, in un’importante tavola rotonda organizzata dall’UCI a Roma, presso la sede nazionale e con il contributo di Regione Lazio e di ARSIAL, rispettivamente rappresentate dal Dott. Fabio Refrigeri e dal Dott. Mario Ciarla.
“Esiste oggi un nuovo rischio: la dipendenza, non solo energetica ma anche alimentare. Crisi energetica, difficoltà nell’approvvigionamento alimentare, processo di transizione ecologica, sono le grandi sfide che attendono il nostro Paese. C’è un comune denominatore in tutto questo, ed è il Territorio, che unisce suolo, natura, cibo, economia e tradizione e le PMI agricole”: questo l’incipit della relazione conclusiva del Presidente Nazionale dell’organizzazione agricola, Mario Serpillo. Ed in un contesto di crisi che bisogna formulare una strategia efficace, capace di affrontare le varie emergenze di questo delicato periodo.
Occorre, continua Serpillo, “guardare con occhi diversi alle Piccole e Medie Imprese agricole; ciò può offrire un contributo significativo nella gestione delle crisi. L’impianto delle nostre riflessioni deve comprendere il ruolo e la responsabilità sociale della PMI agricola; produzione di cibo ma anche valore diffuso sul territorio. Il mondo rurale continua ad essere veicolo di aggregazione sociale e stimolo alla formazione di comunità. Accresce la resilienza di persone, comunità ed ecosistemi: trasforma i modelli produttivi minimizzando l’impatto del cambiamento climatico e la volatilità dei prezzi di mercato dei prodotti agricoli”. Un territorio antropizzato, gestito, presidiato nel giusto modo dalle PMI agricole può dirsi salvo. Le colture ben organizzate contrastano la frammentazione, il dissesto idrogeologico, il rischio alluvionale. “Un’azienda agricola organizzata mette in pratica una serie di pratiche virtuose capaci di porre il giusto rimedio al flagello del cambiamento climatico, ormai giunto al livello di guardia. Ciò significa un modello produttivo sostenibile e ancorato alle tradizioni, molto lontano da quello giornalmente propinato dalle Multinazionali del food, che ci propongono cibo sintetico”.
Puntare sulle PMI agricole consente anche di avviare percorsi virtuosi di economia circolare, poiché rende possibile il soddisfacimento delle esigenze dell’allevamento, recuperando materiale da impiegare nella produzione di energia, solo per fare un esempio. Può funzionare da sviluppo del turismo rurale, destagionalizzato, etico, per valorizzare il territorio e produrre nuove risorse da impiegare sullo stesso. Per rendere concreta questa impostazione c’è oggi lo strumento del PNRR. “In esso deve, però, rientrare tutto quello che al momento manca: redistribuzione del valore lungo la filiera produttiva, gestione veramente partecipata dei processi decisionali, ruolo attivo e proattivo delle realtà locali, la preminenza di istituzioni ed enti locali capaci di organizzare un territorio. Perché sia veramente strumento di resilienza e sviluppo, il PNRR deve essere gestito bene. È in gioco la democrazia ed il futuro non solo del nostro Paese, ma del Pianeta tutto”, la conclusione.