venerdì, 26 Aprile, 2024
Cultura

Solenghi: il teatro è patrimonio artistico al pari di un capitello

In Senato si discute dello Statuto delle arti che per la prima volta introdurrebbe tutele sociali per gli artisti dello spettacolo dal vivo. Un primo segnale di interesse da parte delle istituzioni verso questo segmento della cultura dimenticato dal PNRR, su cui abbiamo chiesto un parere a un grande autore e attore teatrale, Tullio Solenghi.

Che  pensa dello Statuto delle arti?
Quando ci riferiamo a un contesto comunitario europeo, parliamo di adeguamenti economico-finanziari e legislativi, ma mai del settore della cultura. A noi basterebbe semplicemente che l’Italia dedicasse alla cultura quella percentuale di Pil che tutti gli altri paesi d’Europa gli dedicano per essere a posto e sentirsi veramente parte dell’Unione. Ma questa cosa non avviene, quindi ben vengano queste iniziative.

Questa era la buona notizia, la cattiva è che nel PNRR non c’è nulla per quanto riguarda lo spettacolo dal vivo, artisti, talenti, ingegno…
L’Italia, che possiede l’85-90% del patrimonio culturale mondiale, dal ‘500 in poi ha avuto due totem rappresentativi, uno religioso, delle le chiese e dei campanili, e uno laico, dei teatri. Questo vuol dire che la storia non è solo fatta dalle vestigie che ci sono state lasciate in eredità, come il patrimonio architettonico e museale, ma anche dai soggetti che hanno creato questo patrimonio di volta in volta. Ci sono state tramandate opere letterarie o drammaturgiche al pari di un capitello, un affresco, una scultura. Quando si parla di cultura, quindi, bisogna fare un discorso trasversale, che tenga conto anche che lo spettacolo dal vivo che è quello che ha portato testi di più di 2000 anni fa fino a noi. Mi riferisco alla tragedia greca ma anche alla commedia da Aristofane in poi. Questa tradizione non la si vuole riconoscere e non capisco come mai.

Sembrerebbe che sia importante solo ciò che stato fatto ma non ciò che può essere ancora fatto. Cosa si intende, quindi, per cultura?
È l’identità di un Paese. Nei periodi bui come questo ci si aggrappa proprio a quella sorta di testimone che ci è stato lasciato da chi ci ha preceduto. E questo testimone sono sicuramente le leggi di un codice, i teatri come luogo fisico ma anche tutto quanto è stato scritto per essere ancora rappresentato, reso vivo. L’importanza di far rivivere la Comedia di Dante nel suo anniversario deve essere la stessa con cui si fanno rivivere oggi i capolavori teatrali, compresi anche i contributi di chi ancora scrive per il teatro. Una forma di arte che non tramonterà mai, a differenza, ad esempio, del cinema.

Attribuisce la responsabilità di questa “trascuratezza” a una parte politica in particolare?
Purtroppo è una questione trasversale, di scarsa considerazione di questa forma insostituibile di cultura, trascuratezza che parte già dalla formazione scolastica. Si, forse c’è stata un po’ più attenzione da parte della sinistra, facendo un discorso più politico che partitico. Ma credo che la responsabilità sia da ascrivere a chiunque abbia l’onere e l’onore di essere al comando di una nazione. È la miopia di considerare questo un argomento sterile perché si pensa che non produca Pil, lavoro, utile.

Quindi suggerirebbe di introdurre il teatro nelle scuole?
Non credo che gli altri paesi d’Europa siano folli a dar maggiore credito di noi alla cultura teatrale, allo spettacolo dal vivo, alla formazione scolastica in questa direzione. In ogni scuola della Gran Bretagna, ad esempio, il teatro è una disciplina fondamentale al pari di tutte le altre materie e in senso attivo, tanto che è lo stesso tutor scolastico a segnalare i nuovi talenti ai produttori. Quindi, è inteso non solo come bagaglio culturale, ma come un presupposto di qualcosa che possa trasformarsi anche in produttività. In Francia, con la lunga tradizione della comédie française, il teatro ha una importanza ancora più rilevante tanto che i suoi oscar hanno quasi la stessa importanza di quelli del cinema. Ugualmente in Germania. L’unica rimasta indietro è l’Italia. Studiare i testi teatrali significa padroneggiare i classici, che debbono diventare parte integrante della nostra cultura come i Promessi Sposi. Non è possibile che tutto sia affidato solo ai talent show televisivi, più interessati al privato che ai contenuti.

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

Bonetti: “Giovani ritrovino centralità reale e concreta”

Giampiero Catone

Gli impegni del Governo nella relazione della Ministra al Parlamento. Cartabia: le riforme della Giustizia strategiche per l’Italia

Cristina Calzecchi Onesti

“Riformare le carceri”. Tasso di recidiva al 62%

Redazione

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.