sabato, 20 Aprile, 2024
Società

L’aborto scelta sofferta o diritto? Bioetica e legge argentina

L’Argentina ha approvato 3 mesi fa una legge che consente alle donne o “a persone di altro genere con capacità di gestazione” di poter praticare l’aborto nelle prime 14 settimane di gravidanza

Ai tempi dell’approvazione in Italia della 194 del ‘78 gli stessi radicali parlavano di aborto come di una scelta sofferta, ma che doveva diventare una scelta; il disegno di legge argentino introduce il diritto all’aborto. I giornali la esaltano come una conquista di civiltà, implicitamente giudicando retrogrado chi vi si opponga.

Con l’introduzione della parola diritto, l’aborto diventa gratuito e garantito in un arco temporale di massimo di 10 giorni dal momento della richiesta, a differenza di quanto è previsto nella legge italiana 194 in cui si soprassiede per 7 giorni dalla richiesta alla pratica, durante i quali, almeno teoricamente, si dovrebbe lasciare il tempo alla madre di riflettere.

Totalmente assente è il padre. Per la legge 194, invece, la vita del bambino appena concepito è comunque il frutto di atto unitivo tra un uomo e una donna.  Quanto all’obiezione di coscienza, in Argentina ora il medico è comunque tenuto a indicare una struttura o un medico in cui l’aborto possa essere praticato. La campagna per la legalizzazione, poi, si è focalizzata soprattutto sulla necessità di evitare gli aborti clandestini alle persone con meno risorse, ma nelle villas miserias la cultura per la vita è molto forte. Nel 2017 una donna su sette è morta nel tentativo di interrompere la gravidanza.

Una strada diversa dalle leggi abortiste sembra percorsa dalla recente sentenza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere che ha stabilito che è giusto consentire a una donna di impiantare embrioni congelati, nonostante l’ex marito non lo voglia più. I giudici, in accordo con la legge 40, hanno sentenziato che il consenso alla fecondazione si può ritirare, ma non dopo che il concepito c’è, e in quanto tale non si può cancellare, in quanto «l’embrione, quale che sia il, più o meno ampio, riconoscibile grado di soggettività correlato alla genesi della vita, non è certo riconducibile a mero materiale biologico».

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