giovedì, 25 Aprile, 2024
Società

“La fede non è un bancomat”

Nella quotidianità del vivere, distratti e confusi tra ciò che serve e ciò che piace, spesso il “credere” diventa un dare e un ricevere, un chiedere e poi pagare, un ti” ho chiesto “e se ricevo so come ringraziare.

La fede barattata a un “bancomat” dove inserisco la scheda del “mi serve” compongo il codice del “sentimentalismo ” e del vittimismo che umilia e chiedo ciò che “voglio” e se non ottengo vuol dire che il destinatario del mio bancomat è fuori servizio o peggio ancora “non funziona “.

Questo modo di agire non ha nulla a che vedere con il Vangelo del Cristo della Resurrezione. Essere in Lui e con Lui significa pagare in prima persona il prezzo di una testimonianza di fede che vede il credente, pellegrino nel mondo.

Fa senso e incoraggia il pellegrinaggio di Papa Francesco in Irak, terra martoriata dalla guerra, terra bombardata con cristiani impauriti e forti nella fede. Fa senso al statua della Madonna con le braccia mutilate e la testa incollata sulle spalle, ricevere preghiera e incenso da Francesco. Fa orrore vedere una fede sbeffeggiata e umiliata sul palco di Sanremo e tanti (molti) fare silenzio e non alzare la voce dinnanzi a un progresso sempre più distruttivo nei confronti della fede cristiana. Siamo certi di essere “credenti credibili”? – parafrasando Rosario Livatino- credenti innamorati della loro fede con lo sguardo rivolto all’Infinito, al Cristo vivo e vero, crocifisso e risorto? Lasciare correre tutto perche’? e a che prezzo.

Il bancomat dell’usa e getta non serve nel vivere la fede. Si paga di persona e si diventa credibili se le opere testimoniano ciò che porta a un credo che cambia la vita, come è avvenuto per Francesco D’Assisi, Padre Pino Puglisi, Rosario Livatino, Giorgio La Pira, Chiara Lubich e tanti che hanno cantato la bellezza del credere con la vita, l’azione la preghiera senza ricorrere al bancomat del “ti ho chiesto ” quindi “mi devi “. Se si diventasse più credibili tutto sarebbe meravigliosamente vero.

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