Mano tesa tra Silvio e Romano. Cosa sta succedendo? Libero e il Foglio esultano, altri si preoccupano. Sono gli effetti stralunati ed eccentrici del Covid, o l’ansia legata all’Autunno caldo, quando si conoscerà la verità sui prestiti-Ue, le scadenze fiscali, la proroga della cassa integrazione? In soldoni, quando sapremo se e come cadrà Conte?
E ancora: Berlusconi si è rimbambito, dimentica il passato, o il cambio di marcia della sinistra, che ha seppellito l’odio giudiziario verso di lui, è mirato a coinvolgerlo in un governo di unità nazionale? Una cosa è certa: da quando Arcore ha dimostrato di condividere il Mes e non solo, confermando la sua vocazione europeista, in quanto membro del Ppe (ma non si sapeva già da prima?), molte cose sono cambiate. Al punto che Prodi ha elogiato il suo ravvedimento, per altro anche offensivo: “Con l’età è diventato più saggio”. E il “partito unico della stampa” (Repubblica-la Stampa-Corriere della sera), ha smesso di attaccarlo.
Bei tempi, invece, gli anni Novanta, quelli dello “stappa il Prodino”. Tutti ricorderanno lo storico duello tv tra i due. Modi opposti di interpretare la politica. Il Cavaliere era allora l’espressione del nuovo, con la sua Forza Italia andò a riempire lo spazio politico lasciato vuoto dalla Dc e dal Psi, dopo la scure di Tangentopoli. Gli azzurri erano di fatto una Dc2.0. Un partito liberale di massa, con indirizzo moderato, cattolico, anche riformatore, data la presenza di molti socialisti, passati nel centro-destra. Un soggetto politico movimentista con vocazione maggioritaria, speculare ad Alleanza nazionale, suo alleato, nato dalla rigenerazione del Msi, diventato partito conservatore, nazionale e popolare.
Berlusconi americanizzò il quadro politico (tanto che si parlò di partito di plastica, partito leggero, costituito da club, classe dirigente pescata dal mondo aziendale, un nome da lessico calcistico), ed ebbe due meriti: contribuire al bipolarismo (non più centro contro sinistra, il quadro politico della prima Repubblica, ma grazie al maggioritario, centro-destra contro centro-sinistra). E poi, si pose come un leader antipolitico, l’italiano fai da te, il piccolo che diventa grande, l’imprenditore combattente contro i poteri forti, su cui si reggeva il potere storico, ormai minato dalle inchieste sulla corruzione, e l’avversario dei professionisti della politica. Ossia, la casta, termine che in futuro farà la fortuna dei grillini.
Romano Prodi, invece, era, ed è, il simbolo dei valori, della politica e dell’economia istituzionalizzata, contro cui combatteva Silvio. Boiardo di Stato, importante manager pubblico, era il mastice di quei vecchi partiti, i quali unendosi, intendevano fermare il nuovo, erano gli avanzi ideologici della prima Repubblica (democristiani di sinistra, socialisti di sinistra, neo-post-comunisti).
Nel 1994, come noto, vinse Berlusconi (Polo delle Libertà con la Lega, Polo del Buon governo col Msi-An). Nel 1996, dopo la parentesi tecnica di Dini, vinse Prodi contro Silvio. Nel nome e nel segno dell’Ulivo. Poi, dopo la parentesi di D’Alema, Silvio riprese lo scettro (2001-2006), infine Prodi rivinse di poco (storico il recupero del Cavaliere, perse per il rotto della cuffia), governando dal 2006 al 2008. E dal 2008 al 2011, abbiamo avuto l’ultima stagione berlusconiana, finita con l’arrivo di Monti e dei tecnici “salvifici”.
Insomma, un estenuante duello, fatto di rincorse, polemiche, dispetti, che ha caratterizzato tutta la seconda Repubblica.
Ulivo e Fi, nella versione Pdl, il partito degli italiani, erano opposti, ma in fondo, avevano un progetto nazionale unitario. Nel Pdl c’era una destra, un centro e una sinistra. L’Ulivo, poi Unione, stessa cosa: un centro, una sinistra e una destra. Tutte componenti interne, le une contro le altre armate.
Ed ora Prodi e Berlusconi potrebbero addirittura ritrovarsi in una sorta di Nazareno3.0.
La ragione? Da una parte, il tentativo di cementare un fronte economico e istituzionale che teme la debolezza di Conte, odia il giacobinismo dilettantesco dei pentastellati, si fa carico delle sofferenze del Pd e vuole più Europa; dall’altra, l’obiettivo di togliere al sicuramente vincente Salvini, un’area, un segmento, quello centrista, probabile ago della bilancia indispensabile per qualsiasi vittoria, andando a irrobustire un perimetro già occupato da Renzi, Calenda e forse dallo stesso Conte.
Il bipolarismo del futuro, sarà sovranisti, populisti senza Silvio vs un fronte liberal-progressista, con tutti gli altri dentro? Al momento, il diretto interessato distingue tra scelte economiche (ad esempio il Mes), e la politica.
Vedremo in seguito. Se gli interessi di casa Berlusconi prevarranno.
(Lo_Speciale)