sabato, 27 Aprile, 2024
Attualità

2 giugno 1946: o la Repubblica o il caos. 2 giugno 2020: e la Repubblica e il caos

Fotografia romana della giornata di ieri, festa della Repubblica. Il presidente Sergio Mattarella, che deposita la sua corona di fiori al Milite Ignoto. Affianco a lui le due cariche principali dello Stato (il presidente della Camera e del Senato), dietro lui qualche esponente dell’apparato, militari, una bandiera e il nulla. Sembrava la stessa scena della ormai famosa Via Crucis di papa Francesco. In comune, il silenzio e la solitudine. Un motivo per riflettere veramente.

Una solitudine istituzionale. E non per colpa del capo dello Stato. Anzi.
Frutto (la mancata sfilata e il consueto appuntamento col popolo) delle regole anti-contagio e anti-assembramento. Regole vanificate però, nella sua successiva visita alla zona rossa. Dato l’enorme afflusso di gente accorsa ad applaudire.
E se i simboli hanno un senso in comunicazione, il suo discorso a Codogno può essere letto, infatti, in vari modi: la presenza e la rinascita della Repubblica dopo il dramma del Coronavirus; ma pure il funerale della Repubblica, vista la visita al cimitero cittadino.

Perché questo necrologio? Perché l’afflato unitario, la pacificazione nazionale, lo spirito costituente del 1946 auspicati da politici, intellettuali, esperti e uomini delle istituzioni, ieri non ci sono stati. Quello che segue è un atto di dolore per un’Italia mancata, frustrata, ingannata, che avrebbe ancora la possibilità di risalire, ma ci vuole uno scatto di reni. Ieri c’è stata la rappresentazione plastica di tante Repubbliche, le une contro le altre armate.

Oltre a quella ufficiale, c’è la Repubblica “contiana”. Mediatica e direttoriale. Il suo richiamo all’unità deve unicamente coincidere con l’unità e la compattezza del suo governo (piccolo conflitto d’interessi), afflitto da preoccupanti lacerazioni interne (da Renzi allo scontro quotidiano praticamente su tutto tra dem e grillini). Una classe dirigente lontana dalla realtà, senza visione generale della polis e troppo approssimativa. La gestione di Conte della Fase-2 si è rivelata un autentico flop. I sondaggi cominciano a registrare una perdita secca nel gradimento popolare.

Nel paese c’è disagio, povertà montante e tanta rabbia sociale.
Sempre a Roma si è data appuntamento anche la “Repubblica sovranista”. Un centro-destra formalmente unito, sostanzialmente diviso su tutto. Non a caso sia Salvini che la Meloni hanno definito la loro piazza, come simbolica, nel senso però, di inconsistenza politica, viste le ultime loro posizioni. Che sovranismo è quello che propone Draghi (ricetta-Salvini) o quello che si accontenta del Recovery Found (ricetta-Meloni)?

Non a caso ormai queste tematiche sono state riprese con maggiore efficacia dai gilet arancioni che stanno di fatto scippando il consenso di Fdi e Lega. Anche loro ieri hanno occupato piazza del Popolo. E si battono per il no-euro, no-prestiti a debito da Bruxelles, no blocco dell’economia, no vaccini, no-app Immuni, argomenti che il centro-destra non tratta più e che non tratterà in futuro. Sul banco degli imputati, il “regime del Coronavirus”.
Per non parlare poi, di Berlusconi (la decadente “Repubblica azzurra”), che sta con un piede a destra e uno al centro, un piede in Italia e uno in Europa, più in linea con Renzi che con Salvini.

E ancora a Roma (e non solo) si è riunito il Partito comunista di Rizzo (la “Repubblica rossa”), che ha manifestato contro la globalizzazione, l’euro, le multinazionali e per il lavoro, battaglie storiche che il Pd ha abbandonato da decenni.

Quindi, una Repubblica non unita, ma nel caos. Altro che Dna del 1946. Ma anche allora l’Italia era divisa. Sull’orlo di una guerra civile che successivamente sarebbe diventata guerra fredda. Tralasciando i forti dubbi sui brogli elettorali del referendum Monarchia-Repubblica (i 30 mila ricorsi a cui non è stata mai data una risposta, la questione dei voti nulli da conteggiare, il quorum legale, la mancata proclamazione, la mancata omologazione da parte della Corte di Cassazione, l’assenza dal voto dei reduci e del Friuli Venezia Giulia etc), l’Italia era spaccata in due: il Nord repubblicano e il centro-sud monarchico.

Non a caso i primi due presidenti della Repubblica furono scelti appositamente tra i monarchici (De Nicola e Einaudi), proprio per evitare una guerra civile (a Napoli ci furono 9 morti). E poi, la cosiddetta unità del Cln, un’altra utopia: vacillò subito. I comunisti furono defenestrati dal governo nel 1947, preludio del famoso scontro del 1948 con la Dc.
Torna pertanto attualissimo lo slogan di Nenni. Nel 1946, ebbe modo di minacciare l’elettorato moderato, indeciso, urlando “o la Repubblica o il caos”. Adesso dopo 74 anni, possiamo dire che abbiamo “sia la Repubblica, sia il caos”. (Lo_Speciale)

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