domenica, 2 Giugno, 2024
Attualità

Parata in zar minore

Per la 21esima volta sulla Piazza Rossa Putin ha celebrato la vittoria nella “grande guerra patriottica” della Russia contro il nazismo. Per la terza volta lo ha fatto mentre i suoi soldati occupano illegalmente il 20% del territorio di un Paese sovrano. Come di consueto, Putin ha fatto la vittima, raccontando la solita fiaba dell’Occidente “lupo” che vuole annientare la Russia “agnello”. Intanto, però, ha annunciato che lui e il suo sodale Lukashenko si allenano per l’uso delle armi nucleari tattiche e ha ricordato che “le forze strategiche russe sono sempre pronte al combattimento”. Tra le forze strategiche aveva in mente anche quelle nucleari? Probabilmente.

Ma sia la parata sia il discorso di Putin quest’anno sono sembrati in tono minore. Le armi e i soldati della sfilata erano ridotti all’essenziale. Servono più sui campi di battaglia che per le celebrazioni. Il tono complessivo delle parole di Vladimir V è stato diverso da quello usati nel 2022 e l’anno scorso. Oltre al vittimismo c’è stato il solito patriottismo di maniera prezzemolo di queste occasioni.

Ma sono mancati gli accenni trionfalistici degli altri anni. D’altronde Putin non può cantare vittoria, quella “Pobeda”, indicata con la Z sui carri armati, che doveva arrivare con una guerra lampo di pochi settimane e che dopo due anni non si vede all’orizzonte. Al suo posto c’è la riconquista di qualche fazzoletto di terra al costo di altre migliaia di soldati russi mandati a morire insieme ad ex-detenuti, come carne da macello per fronteggiare l’esercito ucraino. Putin ha dovuto ammetterlo: “La Russia sta attraversando un periodo difficile e cruciale, il destino della Patria, il suo futuro, dipende da ognuno di noi”. E in quel “noi” c’è anche lui e il suo gruppo dirigente: devono prendere atto del fallimento della cosiddetta operazione militare speciale, farsene una ragione e passare a migliori consigli.

La determinazione dell’Occidente ad aiutare l’Ucraina è l’unico mezzo per convincere Putin a cominciare a pensare ad una via d’uscita non umiliante ma neanche trionfante da questo sciagurato conflitto.

Se quella quarantina di membri della Camera dei Rappresentanti seguaci di Trump non avessero bloccato in modo irresponsabile per 4 mesi gli aiuti decisi da Biden per Kyiv, forse il discorso di Putin sarebbe stato ancor più dimesso. Lo zar ha ottenuto la rielezione, starà al Cremlino almeno fino al 2030.È anche nel suo interesse avviare a conclusione questo conflitto prima che divenga ingovernabile il malcontento per l’enorme numero di vittime, feriti, famiglie distrutte e un’economia che produce solo armi. L’Occidente accompagni la fermezza nell’aiutare l’Ucraina all’abilità diplomatica nel saper elaborare i segnali contorti che vengono dal Cremlino.

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