venerdì, 29 Marzo, 2024
Economia

Più debito pubblico contro il Covid-19 e l’emergenza economica

L’editoriale di Mario Draghi sul Financial Times e le prime manovre economiche del Governo italiano, per sostenere l’occupazione e la ripresa, hanno un comune denominatore: fare rapidamente leva sul debito pubblico per uscire presto dallo stallo produttivo generato dalla pandemia e allontanare lo spettro di una grave recessione che andrebbe a sommarsi alle sofferenze dell’emergenza sanitaria.

Il dibattito si è ora spostato sui tavoli della mediazione europea (BCE, Commissari europei, Parlamento Europeo): si sta giocando la partita dei rapporti di forza tra diverse culture e sensibilità politiche, istituzionali ed economiche. Forse la tenuta della stessa UE dopo la Brexit.

Un dibattito acceso, soprattutto presso i nostri partner europei poco inclini a concederci l’ossigeno di cui ora abbiamo urgente bisogno, sviato da un equivoco generato da una terminologia vetusta che evoca il retaggio di una spesa senza obiettivi, programmazione e un orizzonte di rientro.

Nonostante le erronee convinzioni di alcuni nostri partner europei e le erronee valutazioni di qualche agenzia internazionale di rating che ha favorito negli anni speculazioni finanziarie, l’ordinamento giuridico italiano e i principi contabili su cui viene costruito il bilancio dello Stato italiano sono solidi e tali da rassicurare anche il più avveduto degli investitori.

Come sempre accade, dietro ogni incomprensione c’è un problema di comunicazione. Certamente, prima o poi occorrerà tornare a semplificare per comunicare meglio; ora però l’emergenza è spiegarci bene a partner europei ed investitori per essere ascoltati nelle nostre legittime istanze e senza insostenibili alibi. Serve riportare la “politica dell’unione europea” alle sue originarie ragioni fondative, anche di matrice solidaristica tra Stati membri.

Necessari alcuni richiami tecnici. In particolare, con gli art. 97 e 119 della Costituzione unitamente all’opera di interpretazione sistematica della Corte Costituzionale, il termine “debito pubblico” è stato modernizzato ed adeguato alle regole economiche che presiedono le decisioni di amministrazione di ogni buon padre di famiglia secondo “prudenza nella stima delle risorse disponibili” (C. Cost. n. 4/2020) con un “equilibrio di bilancio dinamico” che presuppone obiettivi concreti, programmazione, piano temporale di rientro, interventi ispirati alla solidarietà in relazione alle “condizioni socio-economiche del territorio”.

Tali principi, sostenuti nel corso della riforma costituzionale del 2012 dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e bipartisan da autorevoli esponenti della politica italiana alla Camera ed al Senato (tra cui, se ne citano alcuni, Giancarlo Giorgetti, Alessandro Pagano, Giulio Tremonti, Adolfo Urso, Gianfranco Rotondi, Giampiero Catone, Francesco Boccia, Antonio Misiani, e molti altri appartenenti ai rispettivi schieramenti), sono stati recentemente rimarcati nella sentenza della Corte Costituzionale n. 4 del 28 gennaio 2020, relativa a norme di bilancio pluriennale, traslazione di risorse ed effetti contabili dell’uso del Fondo anticipazione liquidità nel bilancio del Comune di Napoli, a seguito della delibera della Corte dei conti, Sez. regionale di controllo della Campania, n. 107/2018.

La Corte Costituzionale, con la sentenza a firma del Presidente e Relatore Aldo Carosi, nel solco della continuità dei principi che assicurano “l’unità giuridica ed economica dell’ordinamento” (C. Cost. sent. n. 181/2015), ha confermato le regole che caratterizzano la spesa pubblica in Italia e che dovrebbero rassicurare partner europei, agenzie internazionali di rating e investitori.

In particolare, la Corte ci ricorda la “regola aurea” per cui l’indebitamento è una misura contingente ed eccezionale, circoscritta alla realizzazione di investimenti secondo criteri di solidarietà, per onorare obbligazioni secondo una fisiologica scansione dei tempi di pagamento con rigoroso bilanciamento di interessi rilevanti in sede costituzionale e dell’Unione europea.

Sono principi di buon senso contabile che ormai fanno parte del nostro patrimonio culturale: il precetto, desumibile anche da dati elementari dell’esperienza, ricorda che solo un “investimento efficace può compensare in positivo l’onere debitorio sotteso alla sua realizzazione” risultando “di chiara evidenza che destinazioni diverse dall’investimento finiscono inevitabilmente per depauperare il patrimonio dell’ente pubblico che ricorre al credito” (C. Cost. sent. n. 188/2014) anche per “interdipendenti profili di tutela della rappresentanza democratica e dell’equità intergenerazionale” (C. Cost., sent. n. 18/2019).

In sintesi, la Corte Costituzionale, custode e faro delle regole del gioco legislativo ed economico in Italia, ci ricorda che il “principio di equilibrio dinamico (…) sposta nel tempo la continua tensione verso un bilanciato contrappeso tra entrate e spese (…) con graduazione “naturale” degli effetti temporali (…) sulla gestione del bilancio (…) e sulle situazioni giuridiche a essa sottese (…)”.

Cosicché il principio dell’equilibrio di bilancio “non corrisponde ad un formale pareggio contabile, essendo intrinsecamente collegato alla continua ricerca di una stabilità economica di media e lunga durata, nell’ambito della quale la responsabilità politica del mandato elettorale si esercita, non solo attraverso il rendiconto del realizzato, ma anche in relazione al consumo delle risorse impiegate (…) nel rispetto del principio di responsabilità, secondo cui ciascun amministratore democraticamente eletto deve rispondere del proprio operato agli amministrati.”.

Non è, dunque, più un problema tecnico: l’Italia ha anticorpi, metodi e strumenti di buona amministrazione per gestire e riassorbire il debito correttamente allocato. È, semmai, un problema di cucitura politica, di riconoscimento della solidarietà tra partner e di condivisione di intenti comuni animati da medesimi valori fondativi. Altrimenti, ove siano venuti meno, meglio prenderne atto e procedere autonomamente a costruire le soluzioni di cui l’Italia necessita, avendo confermato l’Ambasciatore Usa, Lewis M. Eisenberg, che le storiche relazioni di amicizia sono solide ed immutate.

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