Una nuova stagione di dossier? No grazie. Maggioranza e opposizione alzino gli scudi e, col massimo di unità possibile, facciano capire a chi vuole avvelenare le acque che le forze democratiche reagiranno con fermezza e senza dividersi.
In passato l’Italia ne ha conosciute parecchie di queste esperienze. Ci eravamo illusi che le pagine ignobili degli scandali del Sifar, degli spezzoni infedeli dei vecchi servizi segreti, di alcune logge massoniche deviate fossero state definitivamente chiuse. E invece riecco affiorare un pericoloso malcostume che rischia di inquinare la vita pubblica italiana, quella politica innanzitutto ma non solo.
La vicenda denunciata dai Pm Melillo e Cantone è gravissima. Ancora non se ne conoscono i dettagli precisi e ci si augura che i valenti magistrati che se ne stanno occupando portino a galla tutto il marcio che c’è dietro. Chi ha sbagliato, chi ha ispirato, chi ha manovrato, chi ha pensato di trarre beneficio da questa vicenda: tutti devono essere assicurati alla giustizia in tempi ragionevoli.
Ma cosa c’è dietro la tecnica del dossieraggio? L’idea perversa e vigliacca di colpire avversari, politici e non, utilizzando ad arte informazioni riservate sul loro conto, acquisite in maniera illegale e magari manipolate per gettare discredito sulle persone che si vogliono colpire.
Nei decenni scorsi il clima in cui si ricorreva a questa tecnica era caratterizzato da fortissime tensioni politiche e sociali, da manovre che miravano a destabilizzare le istituzioni nell’ottica di disegni eversivi e autoritari a volte velleitari ma sempre pericolosi.
Rispetto agli anni Sessanta e Settanta, oggi il clima politico è più sereno, non ci sono né conventio ad excludendum, né insanabili conflitti ideologici. Eppure, qualcuno vuole farci rivivere periodi bui della storia del dopoguerra, vuole dimostrare che c’è una zona d’ombra all’interno dello Stato che si muove contro le istituzioni. A questo gioco nessuno deve prestare il fianco. E qui si apre il delicato problema del comportamento dei giornalisti: Il loro compito è dare le notizie di cui entrano in possesso e che dopo accurato controllo risultano vere. Ma quando i giornalisti sentono puzza di bruciato devono evitare di essere usati come strumento di operazioni di dossieraggio che nulla hanno a che vedere con il diritto-dovere di informare. È una linea non sempre facile da tracciare e richiede rigore morale e professionale. I giornalisti non fanno i postini.