mercoledì, 4 Dicembre, 2024
Società

Un patto per le periferie per i “beni relazionali”

“Lavoriamo insieme a un modello di Patto per le periferie, partendo dagli investimenti del Pnrr e recuperando ed innovando l’approccio integrato dei patti territoriali e dei contratti di quartiere.” Lo ha dichiarato il presidente del Cnel Renato Brunetta, in audizione presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie. “Serve un pieno coinvolgimento dei corpi intermedi, di cui il Cnel rappresenta la casa, rinnovando quel protagonismo delle forze sociali, economiche e del volontariato che già in passato è stato di estrema utilità. Noi come Cnel possiamo mobilitare le reti sociali dei corpi intermedi. Noi ci siamo”

L’intervento del Presidente del CNEL è stata una lezione, più che un’audizione. Per accrescere il capitale e i servizi relazionali, ha detto,  il CNEL ha già avviato un’azione tesa a mettere a punto e a sottoscrivere alcuni “accordi interistituzionali” anche come base di confronto e di ascolto per la futura progettazione da parte dei competenti decisori pubblici di un piano di intervento “integrato” per le periferie.

E’ stata precisata, poi, la necessità di  valorizzare  l’esperienza trascorsa dei “patti territoriali” (mettendone anche in evidenza eventuali difetti o fragilità) per promuovere e condurre un significativo approfondimento di condivisione di un modello di “Patto per le periferie”, partendo dagli investimenti destinati alle periferie dal PNRR.  In questo modo si dà  senso e significato alle espressioni come “servizi relazionali”, “capitale relazionale”, “investimenti relazionali”.

Il CNEL insieme ai centri di ricerca pubblici e privati, alle università e alle organizzazioni rappresentate nel Consiglio intende approfondire, nel concreto, come i corpi intermedi, in uno scenario profondamente diverso da quello degli anni Novanta (per la presenza dei nuovi media, per le trasformazioni sociali, per le dinamiche economiche e produttive) possono divenire un nuovo motore della crescita economica nelle aree più fragili del Paese proprio a partire dall’analisi delle principali esperienze in corso per la loro riqualificazione sociale.

Sarà recuperato,  innovandolo, l’approccio dei “patti territoriali” e dei “contratti di quartiere”, per garantire che accanto agli investimenti necessari in nuove infrastrutture sociali siano garantiti anche gli imprescindibili investimenti “relazionali” e lo sviluppo del capitale relazionale che è alla base della crescita di occupazione e reddito, contribuendo, insieme a tutti gli stakeholder di riferimento, a progettare e alimentare la formula del “Patto di periferia”.

Per il Presidente della Commissione Alessandro Battilocchio c’è stata piena condivisione ad accettare la disponibilità del CNEL, convinto che solo assicurando sostenibilità alle iniziative che partono dalle periferie si supera il loro degrado, garantendone anche la sicurezza. Si chiamano Piani Urbani Integrati (PUI), ha sottolineato Battilocchio,  e sono gli investimenti del PNRR che puntano a migliorare le periferie delle aree delle Città Metropolitane attraverso nuovi servizi per i cittadini, interventi di riqualificazione e rigenerazione, trasformando così i territori più vulnerabili in smart city e realtà sostenibili. Si centrerà in tal modo anche l’obiettivo 11 dell’agenda 2030 dell’Onu per lo Sviluppo Sostenibile che chiede “città e insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili”.

I “Piani urbani integrati”, argomento affrontato anche dal Presidente Brunetta, inizialmente finanziati con 2,5 miliardi di euro, a seguito della revisione del PNRR da parte della Commissione europea legata all’analisi dello stato di effettiva attuazione, hanno subito una riduzione significativa in termini di risorse assegnate, che ci si augura possa essere largamente se non totalmente recuperata in esito alle interlocuzioni attualmente in corso tra Governo ed enti locali.

Se quindi, come evidenziato, il quadro delle risorse disponibili sopra delineato e peraltro niente affatto esaustivo (si pensi ad esempio al Fondo “Sport e Periferie” e ad altre risorse nazionali e comunitarie disponibili in ambito sociale, formativo e di inserimento lavorativo e professionale anche a livello regionale) appare se non altro sufficiente a contrastare con efficacia la potenziale e progressiva erosione del tessuto sociale comunitario di buona parte delle nostre aree periferiche e metropolitane, dirimente se non esiziale per la buona riuscita di ogni programma di investimento di questo tipo è la capacità di costruire modelli di sviluppo sociale inclusivo veramente partecipati e in grado di innescare un circuito virtuoso nei processi di rigenerazione del tessuto connettivo identitario dei nostri quartieri.

Si tratta di tentare di ricostruire e ripristinare – mutuando termini e concetti già utilizzati in economia – veri e propri circuiti locali di produzione e distribuzione di quelli che definiamo “beni relazionali”, prodotti immateriali, ma altrettanto preziosi e infungibili che possono nascere esclusivamente dalla condivisione volontaria e reciproca posta in essere da singoli cittadini, gruppi informali, realtà territoriali, sociali e del volontariato.

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