sabato, 4 Maggio, 2024
Ambiente

Sono 51 le aree dove si può costruire il deposito delle scorie nucleari

Altre hanno trenta giorni di tempo per autocandidarsi

Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha pubblicato sul proprio sito istituzionale l’elenco delle aree presenti nella proposta di Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI), che individua le zone dove realizzare in Italia il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e il Parco Tecnologico annesso, al fine di permettere lo stoccaggio in via definitiva dei rifiuti radioattivi di bassa e media attività.

Un primo elenco della Sogin

La Carta è stata elaborata dalla Sogin, sulla base delle osservazioni emerse a seguito della consultazione pubblica e del Seminario nazionale condotti dopo la pubblicazione della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI), e approvata dall’Ispettorato nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione (Isin). La Carta Nazionale delle aree idonee individua 51 zone i cui requisiti sono stati giudicati in linea con i parametri previsti dalla Guida tecnica Isin, che recepisce le normative internazionali per questo tipo di strutture.

Tempo per autocanditature

Gli enti territoriali le cui aree non sono presenti nella proposta di CNAI, nonché il Ministero della difesa per le strutture militari interessate, possono entro trenta giorni dalla pubblicazione della Carta (13 dicembre), presentare la propria autocandidatura a ospitare il Deposito nazionale e il Parco tecnologico e chiedere al MASE e alla Sogin di avviare una rivalutazione del territorio stesso, al fine di verificarne l’eventuale idoneità. Possono inoltre presentare la propria autocandidatura, entro lo stesso termine, anche gli enti territoriali le cui aree sono presenti nella proposta di CNAI.

I comuni scelti sono contrari

Sono aree dove si stima saranno stoccati 78mila metri cubi di rifiuti radioattivi a bassa e media intensità e parcheggiati temporaneamente 17mila ad alta intensità provenienti dalle quattro ex centrali e da altri impianti della filiera dell’atomo. Finora nessuno dei Comuni potenzialmente idonei si è detto a favore e solo uno si è autocandidato. Nell’elenco delle aree idonee presenti nella proposta di Cnai i comuni interessati sono nella provincia di Matera (6), Potenza (4), Bari (3), Taranto (2), Viterbo (21), Alessandria (5), Oristano (2), Sud Sardegna (6) e Trapani (2), mentre si è autocandidato solo il Comune di Trino Vercellese, in Piemonte, dove sorge una delle quattro ex centrali nucleari italiane. Nel processo di scrematura, siamo passati dalle iniziali 67 aree potenzialmente idonee alle attuali 51. Dalla lista sono usciti i siti in Toscana e la provincia di Torino, che aveva uno dei numeri più alti di località adeguate ai criteri stabiliti dall’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), l’autorità per la vigilanza dell’atomo in Italia.

Legambiente: fare presto

Secondo Legambiente, “sulla questione aree idonee ad ospitare il Deposito nazionale delle scorie nucleari, ancora una volta si è fatto il solito pasticcio all’italiana perché è assurdo prevedere la possibilità di autocandidature anche da parte dei Comuni non compresi nella Cnai.” Secondo gli ambientalisti l’autocandidatura “lascia prevedere un percorso poco rigoroso e poco attento alla sicurezza dei cittadini, e che finirà per allungare inevitabilmente i tempi per l’individuazione del Deposito, che invece rappresenta una vera urgenza per la sicurezza di tutto il Paese.”

Il deposito costa 1 miliardo

Per la costruzione del deposito si progetta un cantiere da oltre 900 milioni di euro, che impiegherà circa quattromila operai e quattro anni di durata, per realizzare novanta costruzioni in calcestruzzo armato, cosiddette “celle”, che a loro volta conterranno i moduli in cemento, dove saranno collocati i contenitori di metallo con i rifiuti. Un sistema a matrioska per sigillarli per i successivi 300 anni. L’impianto sarà costruito anche con un parco tecnologico per la ricerca e lo studio sui rifiuti nucleari ed è anche previsto un ristoro economico di un milione di euro. Nell’ultima previsione, l’apertura del deposito è stata programmata per il 2030, ma già un anno è stato bruciato in attesa di decidere dove costruirlo.

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