mercoledì, 1 Maggio, 2024
Energia

Non avere il raffreddamento in casa è indice di “povertà energetica”

D’ora in poi ricchezza e povertà si misureranno anche con l’aria condizionata

Anche il condizionatore è divenato un indicatore di disuguaglianza. Se una famiglia ha o non ha la possibilità di rinfrescare la casa durante i giorni di solleone può scivolare verso la “povertà energetica”. E’ quanto sostengono due economisti ambientali; Enrica De Cian e Francesco Colelli, dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, in una serie di ricerche sul cambiamento climatico e l’impatto sugli esseri umani. I consumi energetici per il raffrescamento influiscono, e influenzeranno, sempre di più sugli indici di capacità di spesa delle persone, così come è stato per il riscaldamento.

Più raffreddamento, più CO2

La professoressa De Cian ha appena pubblicato uno studio singolo, tra Europa e India, secondo il quale entro il 2050, in uno scenario di riscaldamento di 2-3 °C, l’adozione di aria condizionata potrebbe raddoppiare in Europa e crescere di quattro volte in India, raggiungendo circa il 40% delle case in entrambi i Paesi. In Italia, in particolare, si stima un aumento della domanda di picco annuale pari a circa 10 Giga Watt, un aumento del 16% rispetto ai livelli attuali, in uno scenario di riscaldamento elevato. Da un lato, l’espansione dell’aria condizionata porterà dei benefici, riducendo sostanzialmente l’aumento dell’esposizione al calore della popolazione. Dall’altro aumenterà l’impiego di energia elettrica e le emissioni di gas serra. E’ stimato che l’uso dei condizionatori porterà a una riduzione dell’esposizione della popolazione al caldo del 40% in Europa e del 35% in India. Di contro, però, questo comporterà un forte impatto non solo sui consumi, ma anche sulle emissioni di CO2. La produzione di energia richiesta dall’aumento dell’uso dei condizionatori sarà responsabile di un aumento delle emissioni annuali di carbonio tra 7 e 17 milioni di tonnellate in Europa, e tra 38 e 160 milioni di tonnellate in India, da qui al 2050.

L’aria fresca costa troppo

Una famiglia è considerata in condizioni di povertà energetica se la spesa per il riscaldamento e il raffrescamento supera il 10% del proprio reddito o della propria spesa totale. Finora questo termine si riferiva alle famiglie che non potevano permettersi un riscaldamento adeguato in inverno, ma il consumo di aria condizionata, dovuto alle alte temperature estive, sta spingendo un numero sempre maggiore di persone in povertà energetica. “L’impatto dell’aria condizionata sulle bollette è notevole”, spiega la docente veneziana, “e tende a rafforzare le disuguaglianze tra chi può permettersi di usarla e mantenerla e chi no.”  I nuclei familiari che possiedono l’aria condizionata spendono ogni anno tra il 35% e il 42% in più per l’elettricità rispetto a quelli che non la utilizzano. De Cian e Colelli, inoltre, stimano che, entro il 2050, 60 milioni di europei e 640 milioni di indiani saranno esposti a stress termico, ma non avranno accesso all’aria condizionata.

Altra fonte di disuguaglianza

Secondo le proiezioni, evidenzia De Cian, in un altro studio condotto nel Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc) entro il 2050 almeno l’80% del 10% delle famiglie più ricche del mondo avrà l’aria condizionata, contro una percentuale variabile dal 2% al 23% del 10% delle famiglie più povere. Inoltre, solo il 15% dei 3,5 miliardi di persone che vivono in climi caldi ha l’aria condizionata, mentre alcune aree, come il Nord America, risultano equipaggiate più del necessario. “Oltre a rafforzare le disuguaglianze tra i Paesi del Nord e del Sud”, conclude De Cian, “l’accesso all’aria condizionata potrebbe aggravare le disuguaglianze sociali all’interno dei Paesi stessi: in Italia, il 39% della popolazione vi ha accesso.” Ma tra coloro che vivono sotto la soglia di povertà solo l’1% ha l’aria condizionata in casa”.

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