mercoledì, 16 Ottobre, 2024
Il Cittadino

Il costo degli dei e la costa che non costa

È Ferragosto, sono nel posto più bello del mondo (lo affermo con sicurezza perché non vorrei essere da nessun’altra parte). Quindi, poiché questa rubrica non è mai andata in vacanza, mi consento almeno un rilassamento, parlando di cultura e bellezza. Spero me lo consentiate anche voi.

Cominciamo col dire dove sono. Gioco facile per i miei quaranta lettori abituali, che subito diranno, Italia, Calabria, tra Locri e Tropea, passando per l’Aspromonte. Esatto. Luoghi magici, ma non è merito mio. Locri è la mia città natale che amo spassionatamente, senza se e senza ma. Un amore che si estende a tutta la Locride: un territorio a parte; e coltissimo e bellissimo e con tremila anni di Storia (con la S maiuscola) e con tradizioni profonde e significative. Geloso di sé stesso, ma felice quando qualcuno scopre i suoi autentici tesori.

Non è merito mio. Qui ho la casa di famiglia; qui penso di voler morire, quando Dio vorrà. Qui vivo i miei momenti più autentici.

La Locride quando soffiano i venti dal quadrante nord (il maestrale soprattutto) ha il mare più bello del mondo. Il vento scende addolcito dopo aver superato la barriera dell’Aspromonte e pettina le acque, rendendole una tavola azzurra e trasparente.

Allora l’aria pulita dal vento allontana l’orizzonte, che sembra addirittura più alto, come se il mare sovrastasse la terra, senza miracolosamente allagarla. Ecco, da sempre mi metto qui e guardo verso Est, da dove sorge il sole, lontano sul mare Jonio “da cui vergine nacque Venere”; da dove sono arrivati i greci, cui la Locride deve tutto. Lo sguardo non ha limiti, la costa spazia a centottanta gradi, senza ostacoli: Punta Stilo verso nord è appena una sporgenza; così come Capo Bruzzano, o Zefirio, come amo chiamarlo io, rievocando la greca Locri Epizephiri (“Epí”, presso). Larghezza di vedute che, mi dico (o mi illudo), è il tratto caratterizzante di noi Locridei.

Il mare Jonio si gonfia ed agita, invece, con lo scirocco. Da bambino giocavo coi cavalloni. Oggi sono troppo vecchio per farlo. Però ho il privilegio di potere cambiare costa.

Anche questo non è merito mio. Mia moglie (nata a Roma e conosciuta a Roma) è originaria di Tropea ed ha una casa lì. Molto bella, con un giardino a picco sul mare, con lo Stromboli di fronte. Ha anche un po’ di campagna ed è merito di mio figlio minore, Renato, se non è in abbandono, ma coltivata biologicamente (oggi è il giorno dei consensi: permettetemi un po’ di paterna pubblicità www.marchisa.it il sito della sua aziendina).

Per andare sul Tirreno devo attraversare l’Aspromonte. Alla “Montagna” ci vado appena posso ed ogni volta è una scoperta che mi lascia senza fiato. L’altro pomeriggio, stanco del mare, ho fatto una rapida escursione a Pietra Cappa (il monolite più grande e più antico d’Europa; 35 minuti da Locri; quasi mille metri s.l.m.). Qui girando tra le rocce circostanti ho trovato un punto dal quale, sembrando di toccare Pietra Cappa, si domina la vallata del Buonamico, fino al mare; si abbassa lo sguardo e cento metri sotto ecco l’emisfero delle Rocce di San Pietro, enormi rocce tondiforme, cave all’interno, asceterio di monaci basiliani. Per arrivarci si attraversa Natile Vecchio, un borgo che eroicamente resiste e che merita una medaglia (però Natilesi, datevi da fare: a latitudini più settentrionali, un villaggio ad un’ora a piedi da due obiettivi come quelli, sarebbe stato prospero ed avrebbe offerto lavoro ai suoi giovani).

A Tropea trovo un mondo ed un mare diverso.

Se lo Jonio della Locride è lo stesso delle isole greche, il Tirreno di Tropea e della Costa degli Dei (da Pizzo a Nicotera) è simile a quello della Sardegna, ma con una temperatura più calda. Essere immersi in quelle acque è un sogno, una mollezza quasi da terme romane. Specie quando mi bagno attorno allo scoglio di Sant’Irene (Briatico), in cui sono tagliate stanze sommerse, nelle quali si entra e si esce senza pericolo, e che era una allevamento di murene, di cui erano ghiotti i patrizi romani. O quando ci si immerge nelle acque davanti a Parghelia, nei pressi della Pizzuta (una piramide naturale che sorge dalle acque) dove c’era una cava di colonne romane.

Un turismo diverso, quello di Tropea/Capo Vaticano. Internazionale, laddove nel resto della Calabria prevale quello “di ritorno”. Dove centinaia di strutture alberghiere ospitano decine di migliaia di persone ogni giorno; dove soprattutto centinaia di B&B, molti dei quali luxuri, hanno fatto la differenza. Portando un turismo più qualificato e più duraturo: l’unica realtà calabrese che ha una stagione di sei mesi, da Pasqua ad Ognissanti e che riapre per il Ponte dell’Immacolata e per il Natale.

Con prezzi che, a Tropea centro specialmente, sono al livello delle più rinomate mete turistiche internazionali. Orgoglioso il Sindaco Giovanni Macrì che vede in questo aumento, un segno del successo della sua politica, di elevare il target dei turisti. Il rovescio della medaglia è il pericolo di trasformarla in un villaggio turistico, un luogo bellissimo, un sito naturalistico e un borgo da visitare, ma non un luogo da vivere (per quanto Tropea abbia una storia bellissima e tradizioni importanti).

Io la amo Tropea. Qui, abbandonata per mancanza di tempo la mia piccola barca a vela, tenga un motoscafo giusto per andarmi a fare il bagno nei dintorni. Ma nel momento stesso in cui il mare è appena mosso per venti da nord, riperdendomi per l’Aspromonte (perché ogni volta sperimento strade diverse), mi ritiro nella mia Locride.

Dove il turismo di ritorno è di élite. Dagli anni ’70 in poi l’emigrazione dalla Locride non è stata solo quella operaia, ma anche dei figli delle classi borghesi che, andati fuori regione per l’Università (come il sottoscritto a Roma dal 1971), si sono affermati in giro per mondo nei più svariati settori. Così sulle spiagge si crea un parterre che potrebbe essere tranquillamente da Capri o da Costa Smeralda.

Con prezzi che, essendo rivolti ai “paesani” (tali restiamo tutti i suoi figli) non agli “stranieri”, rimangono sostenibili. La “Costa che non costa” ha commentato l’altro giorno un amico romano che avevo accompagnato in un bel lido (con spazi inimmaginabili altrove: chilometri di spiaggia libera a destra e a sinistra, pulita e con docce gratuite ogni cento metri). Quasi chiedendogli scusa per i prezzi da alta stagione, gli avevano chiesto quindici Euro al giorno per ombrellone con due sdraio.

Quasi da fare concorrenza all’Albania, celebrata in TV per i bassi costi!

Locride pensiamoci, la concorrenza all’Albania (sempre Jonio è) potrebbe essere un’opportunità.

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