Direttamente dai dati dell’Istat, una buona notizia per i consumatori: l’inflazione è rimasta ferma nel mese di giugno (un fenomeno che non accadeva esattamente da due anni), grazie principalmente all’andamento dei beni energetici in ribasso che continua a segnare significativi cali a segno meno dall’inizio del 2023: dal – 12,0% di gennaio, al -16,4% di febbraio, e ancora – 20,3% di marzo, -28,9 aprile, -28,5 maggio e infine -29,2% a giugno. Nonostante ciò, dai numeri forniti dall’Istituto di statistica si evince di prezzi alti per alcuni settori fondamentali, come i prodotti alimentari e le bevande analcoliche. Per essere più chiari, ecco l’esempio fornito da Coldiretti: gli italiani hanno speso quasi 4 miliardi in più per mangiare, ma a causa del caro prezzi hanno dovuto tagliare le quantità acquistate nei primi sei mesi del 2023. Quindi si paga di più per sostentarsi meno.
La frenata
Scendendo nei numeri diffusi dall’Istat, i prezzi al consumo del mese di giugno hanno evidenziato, rispetto a maggio, l’indice generale di inflazione in frenata a +6,4% su base annua, da +7,6% del mese precedente. In pratica, si è tornati indietro di quasi un anno, se si pensa che ad aprile 2022 l’inflazione aveva registrato un incremento del 6% e a maggio 2022 del 6,8% per poi accelerare successivamente fino a maggio 2023.
Il dato italiano è vicino a quello della Germania (ma il 6,1% è riferito a maggio), ma resta ancora lontano dalla Francia (+5,1% sempre riferendosi però a maggio).
In calo il carrello della spesa
Sempre a giugno ha rallentato anche il costo del carrello della spesa. Secondo l’Istat, gli importi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona calano in termini tendenziali (da +11,2% a +10,7%), come anche quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +7,1% a +5,8%). Nello specifico, rallentano gli alimentari lavorati (da +13,2% a +11,9%), dei servizi relativi ai trasporti (da +5,6% a +3,8%), degli altri beni (da +5,0% a +4,8%), dei servizi ricreativi, culturali e cura della persona (da +6,7% a +6,5%). Per contro l’Istat registra rialzi negli alimentari non lavorati (da +8,8% a +9,6%).