venerdì, 26 Aprile, 2024
Attualità

L’Italia adotti la definizione di antisemitismo

Fa spavento apprendere che negli ultimi 15 anni gli italiani che pensano che la Shoah non sia esistita è aumentato di 7 volte passando dal 2,7% del 2004 al 15,6% di oggi. Così come sono aumentati al 37,2% coloro che definiscono “bravate” gli atti di antisemitismo sempre più numerosi nel nostro Paese.

A furia di sottovalutare l’ignoranza dilagante, le propagande perniciose di cattivi maestri, il clima di odio e il proliferare di una recrudescenza dell’antisemitismo ci si ritrova poi con questa fotografia vergognosa del degrado mentale e morale di crescenti fette della popolazione.

Cosa fare? Innanzitutto occorre puntare sull’istruzione e sull’insegnamento della storia fatto bene togliendo qualsiasi anche minimo spazio ad impostazioni negazioniste che devono essere stroncate con severità, soprattutto nella scuola dell’obbligo.

Occorre poi alzare il livello di sensibilità nei confronti di episodi di antisemitismo e colpire senza alcuna indulgenza i responsabili di gesti incompatibili con le norme inserite nella legge Mancino del 1993 con cui si dispone l’applicazione della pena “da due a sei anni se la propaganda, ovvero l’istigazione e l’incitamento commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione della Shoah, o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello Statuto della Corte penale internazionale”.

L’abitudine alla violenza verbale è il preludio all’assuefazione alla violenza fisica. Nel caso del razzismo e dell’antisemitismo in particolare nessuno spazio deve essere concesso ai seminatori di odio in qualsiasi forma essi si esprimano.

Ci sono anche gesti simbolici importanti che è necessario compiere.

Tra questi c’è l’adozione, che ancora non è avvenuta, da parte del Parlamento italiano della definizione di “Antisemitismo” scritta dall’Alleanza Internazionale per il ricordo dell’Olocausto (IHRA) nel 2016.

Ecco il testo: “L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio per gli ebrei. Manifestazioni di antisemitismo verbali e fisiche sono dirette verso gli ebrei o i non ebrei e/o alle loro proprietà, verso istituzioni comunitarie ebraiche ed edifici utilizzati per il culto”. (https://www.holocaustremembrance.com/it/node/196)

Questa definizione è già stata fatta propria dal Parlamento europeo e da 20 paesi tra cui 16 dell’Unione Europea, ovviamente tra questi la Germania e di recente anche la Francia.

Non si capisce perché l’Italia tardi ad adottare questa definizione e ad avere così anche un punto di riferimento condiviso con altri Paesi anche nell’ottica di identificare un reato specifico di antisemitismo.

L’IHRA spiega che questa definizione operativa non è giuridicamente vincolante e fa alcune considerazioni importanti.

“Le manifestazioni possono avere come obiettivo lo Stato di Israele perché concepito come una collettività ebraica. Tuttavia, le critiche verso Israele simili a quelle rivolte a qualsiasi altro paese non possono essere considerate antisemite. L’antisemitismo spesso accusa gli ebrei di cospirare per danneggiare l’umanità, e se ne fa ricorso di frequente per dare la colpa agli ebrei quando “le cose non funzionano”. L’antisemitismo si esprime nel linguaggio scritto e parlato, con immagini e con azioni, usa sinistri stereotipi e fattezze caratteriali negative per descrivere gli ebrei”.

Secondo l’IHRA, esempi contemporanei di antisemitismo nella vita pubblica, nei mezzi di comunicazione, nelle scuole, al posto di lavoro e nella sfera religiosa includono (ma non si limitano a):

  • Incitare, sostenere o giustificare l’uccisione di ebrei o danni contro gli ebrei in nome di un’ideologia radicale o di una visione religiosa estremista.
  • Fare insinuazioni mendaci, disumanizzanti, demonizzanti o stereotipate degli ebrei come individui o del loro potere come collettività – per esempio, specialmente ma non esclusivamente, il mito del complotto ebraico mondiale o degli ebrei che controllano i mezzi di comunicazione, l’economia, il governo o altre istituzioni all’interno di una società.
  • Accusare gli ebrei come popolo responsabile di reali o immaginari crimini commessi da un singolo ebreo o un gruppo di ebrei, o persino da azioni compiute da non ebrei.
  • Negare il fatto, la portata, i meccanismi (per esempio le camere a gas) o l’intenzione del genocidio del popolo ebraico per mano della Germania Nazionalsocialista e dei suoi seguaci e complici durante la Seconda Guerra Mondiale (l’Olocausto).
  • Accusare gli ebrei come popolo o Israele come stato di essersi inventati l’Olocausto o di esagerarne i contenuti.
  • Accusare i cittadini ebrei di essere più fedeli a Israele o a presunte priorità degli ebrei nel mondo che agli interessi della loro nazione.
  • Negare agli ebrei il diritto dell’autodeterminazione, per esempio sostenendo che l’esistenza dello Stato di Israele è una espressione di razzismo.
  • Applicare due pesi e due misure nei confronti di Israele richiedendo un comportamento non atteso da o non richiesto a nessun altro stato democratico.
  • Usare simboli e immagini associati all’antisemitismo classico (per esempio l’accusa del deicidio o della calunnia del sangue) per caratterizzare Israele o gli israeliani.
  • Fare paragoni tra la politica israeliana contemporanea e quella dei Nazisti.
  • Considerare gli ebrei collettivamente responsabili per le azioni dello Stato di Israele.

Una risposta significativa allo sconcerto per i dati della ricerca Eurispes potrebbe dunque proprio venire dall’adozione da parte del Parlamento italiano della definizione di antisemitismo

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