Il sì alle Olimpiadi invernali, che nella fase propositiva aveva visto reticente ed ambigua l’amministrazione comunale di Torino, controllata dai pentastellati, e i soliti paladini della cosiddetta “Decrescita felice”, rappresenta finalmente quanto il Paese sia stanco della teoria del no.
No ai grandi eventi, no alle grandi opere pubbliche, no all’innovazione del trattamento dei rifiuti, no ad una gestione produttiva ed anche rispettosa dell’ambiente, no alle risorse energetiche del nucleare, no alla ricerca in mare di nuovi investimenti di idrocarburi.
Un no a tutto e a tutti e che finora ha bloccato il paese, ha dato fiato a passatisti e alchimisti, frenato il suo sviluppo, scoraggiata la ricerca, favorito solo il dispiegarsi di una politica assistenziale nelle intenzioni, ma fallimentare e ambigua negli esiti, con l’adozione del cosiddetto redditi di cittadinanza e, in gran parlare, di un salario minimo garantito che svuoterebbe il ruolo delle parti sociali e vulnererebbe principi e prassi riconducibili alla stessa costituzione.
Gli italiani non ne possono più di queste liturgie e di queste farneticazioni velleitarie: vogliono una svolta verso la razionalità, l’efficienza, la competitività, lo sviluppo, memori fra l’altro del fallimento clamoroso a Roma della maggioranza dei 5 stelle: ne rimarrà memoria solo per il rifiuto delle olimpiadi e la riduzione di interi quartieri della città a putrescenti discariche.