sabato, 20 Aprile, 2024
Ambiente

Nasce “Life MODERn NEC” per monitoraggio inquinamento atmosferico

Lo smog che affligge le nostre città impatta pesantemente sulla salute e sulla qualità della vita dei cittadini, ma i suoi effetti non si limitano a danneggiare chi vive nei centri urbani. Infatti, anche gli ecosistemi naturali situati in aree remote subiscono effetti che possono modificarne la loro qualità e metterne a rischio la biodiversità. Per migliorare lo studio e il monitoraggio dell’impatto dell’inquinamento atmosferico sugli ecosistemi naturali in Italia è nato il progetto “Life MODERn NEC”. Cofinanziato dalla Commissione Europea, si pone l’obiettivo di ampliare e migliorare la Direttiva Europea 2016/2284, ovvero lo strumento che legifera sulla riduzione di emissioni nazionali di alcuni inquinanti atmosferici.

Uno degli aspetti della Direttiva riguarda il monitoraggio degli ecosistemi forestali e di acqua dolce, come strumento di controllo per la riduzione delle emissioni. Le attività del Life MODERn NEC, che termineranno a settembre 2025, sono condotte da un gruppo di lavoro che vede come capofila l’Arma dei Carabinieri – Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari CUFAA, e come partner il CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche, il CREA Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – Centro di ricerca Foreste e Legno, l’ENEA Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile, Legambiente, TerraData srl environmetrics e le Università di Camerino e di Firenze.

Le indagini preliminari effettuate dai ricercatori coinvolti nel progetto evidenziano l’impatto dell’inquinamento atmosferico sugli ecosistemi presi in esame, in particolare: gli ecosistemi acquatici in ambienti remoti, tra cui quelli considerati dalla Rete NEC Italia, che ricevono gli inquinanti atmosferici trasportati con le masse di aria dalle regioni più antropizzate (come, ad esempio, la Pianura Padana), hanno mostrato nel tempo una risposta positiva alla diminuzione delle deposizioni di acidità e solfati, ottenuta grazie alla riduzione delle emissioni, soprattutto di ossidi di zolfo, le cui sorgenti principali sono il riscaldamento domestico e la produzione industriale e di energia da centrali termoelettriche.

Gli ecosistemi acquatici continuano però ad essere interessati dalle deposizioni di azoto, dovute alle emissioni generate dal traffico veicolare, dalle industrie e dalle attività agricole e zootecniche: l’azoto in eccesso può influenzare la qualità delle acque e la composizione delle comunità biologiche che le popolano.

La sensibilità di questi ambienti è elevata soprattutto nel momento del disgelo, quando ricevono in un breve periodo di tempo l’apporto degli inquinanti accumulati nel manto nevoso durante l’inverno, con conseguenze come modificazioni nella composizione delle comunità e diminuzione della ricchezza in specie. Senza dimenticare che sui fenomeni monitorati agiscono sempre di più anche gli effetti dei cambiamenti climatici come il disgelo anticipato, lo scarso innevamento e l’aumento delle temperature delle acque.

In merito agli ecosistemi forestali, è stato rilevato come la defogliazione sia principalmente provocata da singoli eventi come tempeste di vento, attacchi parassitari, gelate tardive, prolungata siccità estiva. L’aumento del numero e dell’intensità di questo tipo di eventi e il contestuale incremento del numero delle aree interessate può essere, quindi, considerato come un segnale di cambiamento climatico.

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