giovedì, 25 Aprile, 2024
Economia

Le vecchie ricette non guariscono l’inflazione

Riflettendo sull’attuale crisi economica, che attanaglia non solo l’Italia, con assoluta frequenza si osserva che essa ricalca il modello dell’inflazione da domanda. Tale assunto, però, non può essere condiviso, per molteplici ragioni.

Si consideri, infatti, che l’attuale ciclo economico si caratterizza, per il concomitante concorso di un processo inflattivo a cui si affianca un processo recessivo. Se, dunque, la recessione segnala una carenza di domanda non solo per beni di investimento, ma anche di beni di consumo, ne consegue che non può farsi riferimento ad una inflazione da domanda, proprio in quanto essa è, se mai, carente.

Per riuscire ad analizzare correttamente l’attuale ciclo economico, bisogna fare riferimento alla crisi che si registrò in Europa agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso. In quel periodo l’aumento del prezzo del petrolio determinò una lievitazione dei prezzi, che causò inizialmente una recessione –le imprese, infatti, non riuscivano a sopportare la lievitazione dei prezzi per prodotti energetici-, che determinò, a sua volta, una forte disoccupazione, che, ovviamente, ebbe significativi effetti recessivi. Ma la lievitazione del prezzo dei prodotti energetici, determinarono anche un aumento dei prezzi e, dunque, un forte ciclo inflattivo.

Le autorità, deputate al governo dell’economia, tentarono di porre rimedio alla situazione, attraverso gli strumenti keynesiani. Venne innalzato il tasso di sconto, fu utilizzata la politica di bilancio, ma con risultati alquanto deludenti: il vero è infatti, che gli strumenti di governo dell’economia, ispirati al pensiero di Keynes, sembrano funzionare solo, allorquando le crisi sono determinate da fattori endogeni al sistema economico. Si consideri, poi, che la politica economica keynesiana parte dal presupposto che il sistema economico possa assorbire una costante inflazione: i postulati del deficit speending, sotto questo aspetto, non lasciano adiro a dubbi al riguardo.

Veniamo all’attuale crisi economica: essa è stata determinata all’evidenza dalla lievitazione dei prezzi dei prodotti energetici; tale vicenda ha causato la lievitazione di tutti i prezzi – i prodotti energetici acquistano rilievo rispetto a tutti i cicli produttivi – e, dunque, ha determinato un significativo processo infrazionistico.

L’aumento dei prezzi, inevitabilmente, ha inciso sulla propensione marginale al consumo e tale vicenda ha causato un processo recessivo. Le autorità monetarie, deputate al governo dell’economia hanno adottato misure non sempre condivisibili: la lievitazione del tasso di interesse, infatti, inciderà sugli investimenti, in che non potrà che determinare un acuirsi del processo di recessione dell’economia. L’adozione di tali misure, poi, non avranno l’effetto desiderato, poiché i prezzi continueranno a lievitare, fin quando la dinamica dei prezzi dei prodotti energetici non si normalizzerà.

L’adozione di misure, quali l’aumento del costo del denaro, ispirata al pensiero di Keynes, non potrà produrre alcun effetto positivo, proprio in quanto anche in questo caso la crisi è determinata da fattori endogeni al sistema economico.

I cultori della politica economica non hanno ancora elaborato degli strumenti idonei a governare tali cicli economici. Con la conseguenza che non resta altro da fare, che attendere che il commercio internazionale si normalizzi.

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