venerdì, 26 Aprile, 2024
Società

L’igiene dei Comuni va aggiornata

Rilanciare il Regolamento Comunale di Igiene ed i Piani Urbanistici Comunali significa migliorare l’attenzione alla relazione tra salute pubblica e pianificazione urbana che gioca un ruolo decisivo anche nella promozione di stili di vita e ambienti favorevoli alla salute. Una buona pianificazione dell’assetto urbano, il miglioramento della circolazione stradale, la riqualificazione di zone degradate dove maggiori possono essere situazioni di disagio, la creazione di spazi verdi, di piste pedonali e ciclabili e di percorsi sicuri casa-scuola sono tra le principali misure efficaci per ridurre l’inquinamento dell’aria, promuovere l’attività fisica delle persone, favorire la socializzazione e contribuire a ridurre il rischio di malattie croniche non trasmissibili.

Lo strumento denominato “Regolamento d’Igiene” che ognuno dei 7914 Comuni d’Italia dovrebbe avere, ha 126 anni e non li dimostra.  Istituito nel 1896 dall’Alto Commissariato di Igiene del Ministero dell’Interno con una “Istruzione per la compilazione dei regolamenti locali sull’igiene del suolo e dell’abitato”, entrò in vigore solo nel 1899, mentre divenne obbligatorio con il Regio Decreto 1265 del 1934, il famoso Testo Unico delle Leggi Sanitarie (TULLS).

Eppure, dice Vittorio Carreri, medaglia d’oro al merito della Sanità Pubblica, già direttore dell’Igiene e Prevenzione della Regione Lombardia, nonché cofondatore del Movimento per la difesa e il miglioramento del Servizio Sanitario Nazionale, proprio il Regolamento Comunale di Igiene non è valorizzato, né sfruttato come si dovrebbe, dagli Enti Locali. Basta considerare, aggiunge, che viene stimato il mancato aggiornamento dei Regolamenti comunali di Igiene in oltre 1/3 dei Comuni Italiani.

Con questo strumento, ha precisato Tiziana Frittelli, presidente della Confederazione delle Federazioni Regionali Federsanità ANCI, attraverso l’intervento degli specialisti della Sanità Pubblica dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL è possibile “adeguare e migliorare” regole e procedure apparentemente ingessate. Ecco perché, ha aggiunto Frittelli, ci muoveremo con la nostra organizzazione per spingere le ASL e quindi i Comuni, a redigere I futuri Regolamenti di Igiene per puntare al benessere degli individui e delle città.” Carreri da parte sua  è un fiume in piena quando si parla di questo argomento. Nel 2003, a capo di circa 60 igienisti e medici preventori, su esplicito incarico dell’allora Ministro della Sanità Girolamo Sirchia, elaborò un voluminoso aggiornamento del TULLS consegnando gli elaborati agli Uffici competenti del medesimo Dicastero.

Da allora non c’è stato alcun riscontro concreto. Al momento, solo la Regione Lombardia ha a disposizione di un Regolamento Locale di Igiene Tipo, elaborato nel 1985, proprio durante la gestione Carreri, che ha ricevuto un ultimo aggiornamento nel 1994, come riportato nel sito istituzionale. Con il Regolamento comunale di Igiene, dice, si ottiene da parte dei Comune il “pretesto” di aggiornare leggi e regolamenti nazionali, senza stravolgerne i contenuti, alle esigenze del territorio, declinando standard igienici-sanitari per contesti assimilabili alle indicazioni generali, integrando percorsi per la profilassi e la denuncia delle malattie infettive, eliminando o semplificando denunce, certificazioni, accertamenti, attivando procedure virtuose per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti e per la gestione di manifestazioni pubbliche legate ad indirizzi autorizzativi prescritti da provvedimenti generale come nel caso dell’applicazione della cosiddetta “Circolare Pantedosi” del Ministero dell’Interno finalizzata alla security e safety nei pubblici eventi. Sono 4 le aree in cui i Regolamenti di Igiene “possono dire la loro” precisa Carreri: l’Igiene Pubblica, l’Igiene Edilizia e Ambientale, otdoor e indoor, l’Igiene degli Alimenti e la prevenzione delle Malattie Infettive.

In un documento di indirizzo per la pianificazione urbana in un’ottica di Salute Pubblica approvato dalla CSR ad agosto 2020 sono stati ribaditi obiettivi e strumenti in grado di facilitare la partecipazione del settore sanitario alla pianificazione degli ambienti urbani. Sono, infatti, previste valutazioni preventive dei piani urbanistici e il supporto agli Enti preposti nella definizione di strumenti di pianificazione, con particolare attenzione al rapporto tra salute e ambiente urbano. In tale contesto, inoltre, nell’ambito delle progettualità finanziate nel 2017, il Centro per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) è stato selezionato il progetto dal titolo “Urban Health: buone pratiche per la valutazione di impatto sulla salute degli interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana e ambientale” che si è proposto di elaborare e disseminare buone pratiche con l’obiettivo di trasferirle a operatori e decisori per orientare le politiche urbane al miglioramento della salute, anche in un’ottica di equità, dei cittadini. Tale progetto, affidato alla Regione Lombardia, ha, in particolare, avuto il compito di elaborare e validare uno strumento di valutazione degli interventi urbanistici in un’ottica di sanità di pubblica e attraverso principi di Urban Health da fornire agli operatori dei Dipartimenti di Prevenzione.

Federsanità, Health City Institute di Roma  e l’Università la Sapienza attraverso uno o più core curriculum stanno predisponendo corsi in grado di formare su uno spettro di conoscenze, competenze, abilità che contribuiscano ad aumentare la capacità amministrativa, operativa e gestionale degli enti del servizio sanitario nazionale e degli enti locali al fine di elaborare soluzioni innovative e inclusive in risposta alle modificate istanze di salute e benessere.

Accanto a un degradato contesto sociale, altre componenti dell’ambiente fisico delle città (industrializzazione, alta densità abitativa, eccessiva produzione di rifiuti, traffico congestionato, scarsa disponibilità di aree verdi accessibili, effetto isola di calore urbano1, ecc.) espongono la popolazione a numerosi rischi che si esprimono in modo palese, come nel caso di incidenti stradali o di patologie respiratorie e cardiovascolari (BPCO, IMA, ICTUS, ecc.) secondarie all’inquinamento atmosferico, determinando danni cronici alla salute fisica e mentale.

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