sabato, 20 Aprile, 2024
Attualità

Covid e debiti, così affonda il calcio italiano

Quattro miliardi di debiti in 12 anni e quattro società su cinque di serie A con bilanci in perdita. Un costo del lavoro aumentato in modo spropositato che, al netto delle plusvalenze, rappresenta il 92% del fatturato complessivo dei club. Questi i dati contenuti nella dodicesima edizione del ReportCalcio, il documento sviluppato dal Centro Studi Figc in collaborazione con Arel (Agenzia di Ricerche e Legislazione) e PwC Italia (PricewaterhouseCoopers), presentato dal presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina.

“Questi dati sono un monito importante per il nostro mondo – ha spiegato il numero uno della Figc – Abbiamo attraversato un momento di grande criticità sotto il profilo dell’indebitamento e negli ultimi 12 anni abbiamo accumulato 4,1 miliardi di euro di rosso aggregato. Il costo del lavoro continua a crescere e oggi impatta sul valore della produzione per il 66%, che purtroppo diventa il 92% al netto delle plusvalenze. La pandemia ha esacerbato queste difficoltà: è evidente che serve una rivoluzione culturale per mettere sotto controllo i costi”.

Negli ultimi mesi c’è stata un’accesa discussione tra Federcalcio e Lega Serie A sui tempi e le modalità di introduzione dell’indice di liquidità come parametro per l’iscrizione ai campionati. “Oggi adottare un indice dello 0,6 è davvero il minimo indispensabile e faremo di tutto per avere anche altri indicatori incisivi – ha spiegato Gravina spiegando i prossimi obiettivi della Figc – La nostra idea è comunque quella di passare da 0,6 a 0,8 in tre anni per poi arrivare a 1. Il mio auspicio è portare sul tavolo entro il 28 luglio, per l’ultimo consiglio federale prima dell’estate, una nuova forma delle licenze nazionali. Del resto, la mancanza di liquidità è un problema contingente da affrontare immediatamente, perché è l’anticamera del fallimento”.

Per Gravina “il problema della diminuzione dei ricavi è importante e serve una strategia commerciale ma i risultati dipendono anche dalle risposte del mercato. La politica dei costi invece dipende soltanto da noi. Stiamo lavorando, ispirati dall’Uefa e da tre pilastri importanti: solvibilità, sostenibilità finanziaria e stabilità, contenimento dei costi. Perché un mondo del calcio sano a livello finanziario diventa appetibile”.

“Ma c’è una sorta di miopia sulle azioni che bisogna adottare per rivoluzionare il nostro approccio a livello culturale – ha attaccato Gravina – Bisogna entrare in una visione diversa. Non possiamo pensare di adottare indicatori diversi rispetto ai dati a disposizione. Se pensiamo di fare simulazioni con alcuni parametri e poi adottare le soluzioni necessarie soltanto se soddisfano i valori attuali, non ci siamo”.

Un altro problema atavico del calcio italiano è rappresentato dalle infrastrutture. Al riguardo il presidente della Figc ha rilanciato la sua idea con una richiesta ben precisa al Governo. “Non è possibile per il nostro mondo non poter trarre alcun vantaggio dai ricavi generati dalle scommesse, pari a circa 16 miliardi l’anno. Al di là dell’ipotesi di ospitare gli Europei del 2032, per cui è fondamentale l’impegno del Governo dal quale stiamo trovando una buona disponibilità, è indispensabile un altro elemento: bisogna riconoscere la tutela del diritto d’autore. Pretendiamo la costituzione di un fondo con la percentuale che già in altri Paesi è applicata, un fondo dai ricavi delle scommesse per il rilancio delle infrastrutture. Qualcosa si sta muovendo”.

E poi c’è l’impegno “sportivo” per rilanciare una nazionale campione d’Europa, ma per due volte consecutive esclusa dalla fase finale dei Mondiali, fatto inedito nella storia. “Ci stiamo impegnando su alcune iniziative innovative – ha spiegato Gravina – Abbiamo per esempio coinvolto alcuni direttori sportivi di Serie A in un gruppo di lavoro: l’obiettivo è creare accademie sul territorio. Tutto questo legato all’ampliamento dell’attività di scouting in collaborazione con le società. Dalla Lega Serie A è arrivata una grande apertura: l’idea è mettere insieme i migliori talenti. E poi vorremmo strutturare un rating per tutti i settori giovanili”.

Del resto, secondo il presidente della Figc i talenti non mancano affatto. “Per Roberto Mancini tutti i 54 ragazzi convocati per gli ultimi stage potrebbero militare nelle squadre di medio-alta classifica della Serie A. Cosa manca? L’opportunità di diventare campioni. Se non diamo esperienza, se portiamo avanti solo una politica di massimizzazione del risultato a breve, bruciamo le prospettive per il futuro. C’è una dispersione del talento, non c’è pazienza, non si crede nei giovani. L’esempio giusto è Tonali: nel primo anno al Milan non ha dato i frutti sperati, ma club e giocatore hanno avuto pazienza e oggi è un grandissimo talento per il club e per la nazionale”.

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