venerdì, 19 Aprile, 2024
Esteri

Arabia Saudita: social networks e dati sensibili

Nell’attuale era della geopolitica, grazie all’avvento dei nuovi media e ai nuovi canali di comunicazione informatici e satellitari, i governi utilizzano i dipendenti delle società dei social media per accedere alle informazioni private di clienti ed utenti. L’Arabia Saudita, per esempio, ha coltivato legami con i dipendenti di Twitter e li ha persuasi a “spiare” determinati account per fornirgli poi le informazioni sugli stessi. Ali Alzbarah e Ahmad Abouammo, ex dipendenti di Twitter, sono stati accusati dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, di aver agito come agenti illegali di un governo straniero, sfruttando la loro possibilità di accedere ai sistemi interni per condurre operazioni di spionaggio per conto dell’Arabia Saudita.

Diversi i profili violati da Abouammo, tra i quali tre account che pubblicavano informazioni sui complotti interni del governo saudita. Alzabarah, invece,ha raccolto informazioni su oltre 6.000 resoconti, concentrandosi sugli aspetti critici della famiglia al potere che si trovava a dover intraprendere delle pubbliche relazioni per “riposizionare” favorevolmente, sulla scena internazionale, il governo saudita notoriamente rigido ed austero.

Twitter e le società dei social media in generale, sono un bersaglio comodo per lo spionaggio da parte di attori statali e non. L’anonimato di cui si vanta Twitter offre agli utenti l’illusione sulla sicurezza della privacy soprattutto quando si pronunciano contro governi o aziende. I dati privati ​​e le informazioni di identificazione personale (PII) di questi utenti includono, infatti, molto spesso nomi reali, numeri di telefono e indirizzi e-mail precisi, nonché informazioni sulla posizione. Queste informazioni, però, possono essere utilizzate per colpire queste persone con molestie, ricatti, estorsioni, minacce e persino violenza. Lo stesso governo saudita utilizza Twitter per intimidire in modo aggressivo chiunque osi criticare il suo regime.

In vista dell’anniversario dell’assassinio del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi, catturato, torturato ed ucciso, la C.I.A., Agenzia di intelligence statunitense, dopo le ricerche fatte sui social media e non solo, avrebbe affermato che fu il Principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ad ordinare l’omicidio del giornalista.

Moltissimi attivisti, in Arabia Saudita,hanno dunque iniziato ad usare i social media, in particolare Twitter, per avviare campagne, costruire reti, diffondere le loro idee e criticare più o meno esplicitamente i loro governi. L’uso di Twitter diventa molto prezioso soprattutto per gli esiliati o i dissidenti che hanno lasciato le loro case, la loro patria e, lo utilizzano, insieme ad altre piattaforme di messaggistica, per comunicare con le persone, con i gruppi e i simpatizzanti affini in tutto il mondo ed esprimere le proprie opinioni. Non è solo l’Arabia Saudita, però, a colpire apertamente i suoi dissidenti sui social media ma anche la Turchia e l’Egitto sono sensibili alle critiche e allo stesso modo aggressivi nel colpire la popolazione più critica sia in patria che all’estero.

Le società dei social media non sono,quindi, un obiettivo difficile per lo spionaggio. Le loro piattaforme e i server sono stati “hackerati” o penetrati da soggetti “malintenzionati” diverse volte. Pertanto, i mezzi di spionaggio, incluso il reclutamento di “minacce interne” rimangono una pratica attendibile. Con solo poche centinaia di migliaia di dollari e alcuni orologi di lusso, l’Arabia Saudita è stata in grado di acquisire informazioni preziose su argomenti che considerava di sua priorità: sia i tweet che criticavano il regime, sia altre primarie informazioni di “altro genere”. Spesso è più difficile rilevare a livello tecnico lo spionaggio di una fonte umana che un exploit tecnico, e il tempo di ritardo tra il furto e la scoperta è generalmente più lungo che con una fonte umana. Nel caso più recente, Alzabarah è stato accusato in particolare di aver dato al regime i dati personali di più di 6mila utenti di Twitter nel 2015 e di aver falsificato diversi documenti.

Dopo aver annunciato queste accuse, il procuratore David Anderson ha dichiarato che gli Stati Uniti non consentiranno alle società o alla tecnologia statunitensi di diventare strumento di repressione straniera in violazione della legge statunitense. 

In conclusione il monito va a tutta l’utenza social di tutto il mondo affinché limiti, il più possibile per quanto possibile, le informazioni personali fornite sui social networks che in qualche modo potrebbero essere utilizzate a danno dell’utenza stessa nei modi più illeciti e “disparati” possibili.

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