venerdì, 19 Aprile, 2024
Società

Costituzione: disposizioni transitorie… ma non troppo

La nostra Carta Costituzionale era composta, all’inizio, di 139 articoli e di 18 disposizioni transitorie e finali, queste ultime progressivamente identificate con numeri romani.

Nel tempo sono stati abrogati cinque articoli della Costituzione – tutti del Titolo V (Le Regioni, le Provincie, i Comuni) – ed esattamene gli articoli 115, 124, 128,129 e 130, per effetto della legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3, meglio conosciuta come “norme sul decentramento amministrativo – nuove competenze alle Regioni”.

Alcune delle 18 disposizioni transitorie e finali esaurirono il loro periodo di efficacia, proprio perché transitorie, subordinate cioè a scadenze predeterminate o ad eventi prestabiliti come la VII disposizione transitoria che era subordinata alla nuova legge sull’ordinamento giudiziario e al funzionamento della Corte
costituzionale, avvenuto nel 1956.

Della 13esima disposizione, invece, sono stati abrogati i primi due commi per consentire il rientro in Italia degli eredi di Casa Savoia ai quali era stato vietato l’ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale, dalla caduta del fascismo (legge Cost. 23 ottobre 2002, n.1). Continuano a permanere gli effetti della 14esima, la quale afferma, tra l’altro, che: “ I titoli nobiliari non sono riconosciuti”.

Altre disposizioni hanno piena vitalità ed anche importanza fondamentale nel nostro ordinamento giuridico.
C’è la V disposizione, infatti, che subordina gli effetti delle decisioni di cui all’articolo 80 (Cost.) – riguardanti la ratifica dei trattati internazionali le quali importano oneri alle finanze o modificazioni di legge – alla data di convocazione delle Camere.

Una vera pietra miliare è proprio costituita dalla XII disposizione, primo comma, nell’afferma espressamente che: “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. In merito vi sono stati recenti manifestazioni con episodi di una certa violenza, apparentemente ad essa riconducibile, ora al vaglio
della magistratura.

Non si può non ricordare, in tale contesto, l’importanza dello stesso ultimo articolo che, numericamente, è di chiusura alla Carta Costituzionale, cioè il 139 – di cui ogni commento può sembrare pleonastico – che così recita: “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.”

Sicuramente l’ultima, appunto la XVIII disposizione, ha in ognuno dei suoi quattro commi, uno specifico ed inviolabile precetto: Il primo comma indica, tassativamente, la sua entrata in vigore, il primo gennaio 1948, data universalmente nota. Il secondo comma dispone che: “Il testo della Costituzione è depositato nella sala comunale di ciascun Comune della Repubblica per rimanervi esposto, durante tutto l’anno 1948, affinché ogni cittadino possa prenderne cognizione.” In merito non si hanno riscontri sulla sua concreta divulgazione, non affatto facile per le problematiche del dopoguerra, il livello culturale delle masse, anche lontane dalla casa comunale, nonché la carenza degli strumenti di riproduzione.

Il terzo comma ordina che: “La Costituzione, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della `Repubblica”. Esso ne garantisce la conservazione, come avviene per tutte le leggi dello Stato.

Nel quarto ed ultimo comma si dispone in modo chiaro ed imperativo che “La Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come Legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato.”

Analogo ordine lo troviamo già ancora prima ed esattamente nell’articolo 54, nella parte dedicata ai “Rapporti politici” – diritti e doveri dei cittadini – col quale si impone che: “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi.” Sono tutti doveri ed adempimenti imprescindibili per la civile appartenenza ad uno Stato democratico che ne richiedono, ovviamente, una conoscenza adeguata sin dai banchi di scuola.

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