venerdì, 29 Marzo, 2024
Società

Tavares accende speranze sul futuro di Mirafiori

“Sul futuro di Mirafiori abbiamo diverse idee che sono in fase di valutazione, mi aspetto che in un paio di mesi si materializzino progetti concreti. Abbiamo discusso alcune idee, cerchiamo di garantire che siano concrete per costruire un business plan e renderle redditizie per il futuro dell’azienda. Ci saranno annunci non solo sulla produzione pura ma anche sui nuovi business che potrebbero fare riferimento all’economia circolare”. 
Lo ha affermato l’amministratore delgato di Stellantis, Carlos Tavares, ieri durante una conferenza stampa a Torino dopo aver incontrato Regione e Comune.

Ha avuto quindi un primo esito significativo  la lettera scritta dai dipendenti di Mirafiori al presidente del gruppo, John Elkann, e all’amministratore delegato di Stellantis. A distanza di circa un anno dalla fusione tra Fca e Psa i 10 mila dipendenti di quella che fu la più grande fabbrica italiana hanno chiesto sicurezze per un  futuro che appare incerto, reso ancora più fosco dalle vicissitudini della guerra in Ucraina. Il grande stabilimento torinese fatica a riconoscersi: i volumi produttivi si sono ridotti al lumicino, interi spazi appaiono abbandonati; sui 3 milioni di metri quadri dello stabilimento circa la metà è ormai inutilizzata e cerca una valorizzazione di cui è stato investito anche il Comune di Torino .

La città, da tempo ormai, ha fatto i conti con il depauperamento della sua vocazione industriale. Sono passati 120 anni di storia e di produzione ma Torino cerca un futuro che non passa più solamente attraverso l’auto. Lo sanno bene i lavoratori di Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil: il passato non tornerà ma senza scelte adeguate e volumi sostenibili anche quello che resta è destinato ad affrontare i marosi dell’incertezza e della precarietà.

Che fare dello stabilimento che è stato il simbolo dell’industria italiana? La cattedrale dove, ancora negli anni ’70 ogni giorno entravano dai grandi cancelli oltre 60mila lavoratori ?

Arriverà la nuova generazione della 500 elettrica, altri modelli della Maserati, la filiera dovrebbe poi generare produzioni allargate alle batterie così da rinvigorire anche il polo della componentistica piemontese fiaccato negli ultimi anni. Funzionerà?

Stellantis non ha più l’unico cuore a Torino: però lo stabilimento mantiene una suggestione che il Paese non può permettersi il lusso di perdere. Si vedrà se l’ennesima ipotesi di rilancio riuscirà veramente ad agganciare il futuro della mobilità, sotto la spinta innovativa delle rivoluzione green.

Ma è tutto il Paese ad augurarsi che il polo torinese dell’auto agganci la nuova stagione e non solo Torino che non può vivere senza la fabbrica. Certo non è più la fabbrica novecentesca delle tute blu e dell’azienda-famiglia ma un polo strategico di innovazione e di leadership industriale.

“Quello che fa bene alla Fiat, fa bene al Paese” era solito ricordare l’avvocato Agnelli a coloro che contestavano l’attenzione della politica all’azienda. Quei giorni sono lontani; ma sarebbe bene che la politica non si disinteressasse del futuro industriale di quella che è stata la grande fabbrica italiana. Le vicende più recenti dimostrano che un Paese che dipende dagli altri nella tecnologia e nella componentistica rischia gravi crisi industriali. Siamo ancora in tempo ad evitarne un’altra.

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