Avvalersi del “rumore” generato dalle tempeste oceaniche per creare un modello dettagliato delle condizioni geologiche sottostanti la calotta glaciale della Groenlandia. È l’obiettivo che si è posto un team internazionale di ricercatori della Swansea University e University College London in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), nello studio “Uppermost crustal structure regulates the flow of the Greenland Ice Sheet” pubblicato sulla rivista Nature Communications.
“La calotta glaciale della Groenlandia”, spiega Andrea Morelli, ricercatore dell’INGV e coautore dello studio, “è il secondo più grande serbatoio di acqua dolce sulla Terra. Tuttavia, il tasso di perdita di massa di ghiaccio è aumentato di sei volte dal 1991, il che rappresenta circa il 10% del recente aumento del livello globale del mare”. Le condizioni geologiche del terreno sotto una calotta glaciale o un ghiacciaio giocano un ruolo chiave nel determinare i movimenti dei ghiacci e identificare quali aree sono le più suscettibili. “I principali fattori da considerare”, prosegue Morelli, “includono la composizione geologica degli strati di roccia, la temperatura della crosta terrestre sottostante e la quantità di acqua presente in forma liquida tra roccia e ghiaccio, giacché essa funge da lubrificante accelerando il flusso verso l’oceano con il conseguente innalzamento del livello del mare”. Il problema, tuttavia, è come valutare ciò che sta accadendo in profondità nel sottosuolo, in quanto la roccia è ricoperta da uno strato di ghiaccio spesso circa 2,5 chilometri.
“Misurando la forma e la velocità delle onde sismiche – chiamate ‘di Rayleigh’ – estratte dal rumore terrestre”, aggiunge il ricercatore, “siamo stati in grado di mappare ciò che sta accadendo fino a 5 chilometri al di sotto della calotta glaciale della Groenlandia. Queste onde, viaggiano lungo la superficie terrestre e sono sensibili alle variazioni delle proprietà della Terra”. I ricercatori, quindi, analizzando le onde sismiche sono riusciti ad elaborare immagini ad alta risoluzione che, nelle parole di Andrea Morelli, “hanno mostrato che le basse velocità nella crosta superiore tendono ad essere associate ai principali ghiacciai di sbocco lungo il margine della calotta glaciale e all’elevato flusso di calore geotermico prodotto, nel corso della storia geologica, dalla stessa struttura profonda ora responsabile del vulcanismo in Islanda.
I ghiacciai meno spessi sono particolarmente suscettibili allo scorrimento sui sedimenti subglaciali deformabili, mentre il riscaldamento geotermico e il conseguente ammorbidimento del ghiaccio basale possono influenzare l’aumento di velocità del flusso di ghiaccio al ghiacciaio Petermann e nella corrente di ghiaccio della Groenlandia nordorientale”. “La ricerca”, conclude Andrea Morelli, “evidenzia l’importanza dell’interazione tra la terra solida e la dinamica della calotta glaciale. Queste interazioni ne controllano le dinamiche di scorrimento passate, presenti e future e devono essere adeguatamente esplorate e implementate nei modelli della calotta glaciale”.