È il paradosso per cui i quarantenni precari di oggi pagano le pensioni a chi da quarant’anni vive di assegno pensionistico per aver lavorato in gioventù appena venti anni e talvolta anche meno.
È l’effetto, per alcuni “disastroso”, per altri “vergognoso” delle baby pensioni concesse dallo Stato ad iniziare dal 1973, con agevolazioni estese fino agli anni 80. Quando, ad esempio, dal pubblico impiego ci si poteva congedare anche con soli 19 anni, 6 mesi e un giorno di contributi. Le donne sposate e con figli anche con 14 anni, 6 mesi e 1 giorno. Questo significa che si poteva andare in pensione prima dei 40 anni.
Secondo i dati recenti riferiti al 2021, forniti dagli Osservatori dell’Istituto delle pensioni, nel settore privato sono 423.009 le pensioni pagate dal 1980 e 67.245 a decorrere dal 1981. Per questi casi l’età media dei pensionati è di 41,84 anni, con un assegno medio di 587 euro staccato ogni mese. Nel settore privato l’età per le usufruire della pensione nel 2020 l’età si attesta attorno ai 67,02 anni con una decorrenza di 64,17 anni per la vecchiaia, considerando anche le uscite per pensione anticipata.
Privilegi del settore pubblico
La sorpresa maggiore, la si ha nel settore pubblico. Tornando ai decenni indietro l’età media alla decorrenza per le pensioni che risalgono agli anni 80 è di 41,2 anni con l’età media per le 21.104 pensioni di vecchiaia di 44 anni (e un importo medio mensile di 1.525 euro).
Negli anni ’80 le donne dipendenti pubbliche con figli potevano andare in pensione con 14 anni sei mesi e un giorno di contributi ed anche grazie a quella norma e come le altre che consentivano il collocamento a riposo con 20-25 anni di lavoro. Tuttora permangano migliaia di assegni di questo tipo. Al 1980 risalgono anche le 16.787 pensioni di inabilità (38,2 anni l’età media alla decorrenza) e 15.383 assegni ai superstiti con 40,8 anni alla decorrenza, con un importo medio mensile di 1.181 euro. Ora le cose sono notevolmente cambiate.
Nel settore pubblico l’età media alla decorrenza delle pensioni liquidate lo scorso anno era di 65,8 anni con un’età più bassa per le pensioni di vecchiaia (63,9) categoria che comprende anche l’uscita anticipata. Sintetizzando un po’ i concetti si arriva a questa conclusione: i benefici accordati nel passato hanno prodotto per altri lavoratori penalizzazioni di età e di assegno notevoli.
Difficile dilemma
“Dobbiamo pensare”, sottolineano gli analisti di Money, “che un 40enne che oggi lavora finanzia le pensioni di chi ha lavorato per una piccolissima parte della sua vita, laddove la spesa delle baby pensioni supera ogni anno i 7 miliardi, secondo il Rapporto di Itinerari Previdenziali 2020”. Il dilemma sarà tagliare il valore dell’assegno per andare in pensione a 64 anni, oppure attendere 67 anni più alcuni mesi, per percepire un assegno che sarà di importo comunque modesto e in alcuni casi sovrapponibile con quello del fortunato baby pensionato.