mercoledì, 23 Luglio, 2025
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Giustizia, il Senato approva la riforma. Ed è scontro sul ruolo dei magistrati

Via libera alla separazione delle carriere con 106 sì. Il testo torna alla Camera. Meloni: “Passaggio storico”. Proteste delle opposizioni, l’Anm parla di attacco all’autonomia. Dal Consiglio dei Ministri ok al piano carceri da 335 milioni

Tutto come previsto: il secondo passaggio parlamentare si è chiuso con un via libera. E dunque il Senato ha approvato ieri la riforma costituzionale sulla separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti, uno dei punti più delicati e controversi del programma di governo, assolutamente avverso alle opposizioni che difatti hanno fatto sentire il proprio dissenso. Ma passiamo ai numeri che come sempre parlano chiaro: 106 voti favorevoli, 61 contrari e 11 astensioni. E quindi il testo, già votato in prima lettura dalla Camera, torna ora a Montecitorio per la terza tappa, prima di un quarto e definitivo ritorno a Palazzo Madama. Il percorso, come previsto dall’articolo 138 della Costituzione, richiede un doppio passaggio identico in ciascun ramo del Parlamento. Poi toccherà agli italiani, con un referendum senza quorum, dire l’ultima parola. L’esecutivo rivendica il risultato come una tappa storica. Giorgia Meloni ha salutato l’approvazione come “un passo fondamentale verso un sistema giudiziario più efficiente, equo e trasparente”, soprattutto per tre obiettivi: il giusto processo, lo smantellamento delle correnti nel Csm, il rafforzamento del ruolo e della dignità dei magistrati.
In Aula presente anche il Ministro della Giustizia Carlo Nordio, la tensione è salita al momento del voto. Le opposizioni hanno esposto cartelli per denunciare quella che considerano una riforma punitiva nei confronti della magistratura. Il giudizio del Centrosinistra è netto: per il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle si tratta di una svolta autoritaria, di una “forzatura brutale” che mina l’equilibrio tra i poteri dello Stato.

“Dedicata a Berlusconi”

Il Presidente dei Senatori del Pd Francesco Boccia ha parlato di “riforma di potere” e “caricatura della democrazia” e ha accusato la maggioranza di voler piegare la magistratura al controllo dell’esecutivo. Il leader del M5S, Giuseppe Conte, ha evocato il rischio di una magistratura “addomesticata” e “subalterna”, sostenendo che il vero obiettivo sia mettere il guinzaglio a chi indaga. Ma il Vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani ha interpretato il voto come un omaggio a Silvio Berlusconi, indicato come vittima di una “aggressione giudiziaria” che non ne avrebbe mai fermato l’impegno politico. “È il suo sogno che oggi si realizza”, ha detto. Sulla stessa linea Maurizio Gasparri, Presidente dei senatori di Forza Italia, che ha definito la riforma “un colpo al sistema delle correnti” e ha citato i casi raccontati da Luca Palamara e Alessandro Sallusti nei loro libri sul Csm. Gasparri ha ricordato anche la bocciatura di Giovanni Falcone da parte dello stesso Consiglio, come prova di un sistema “di vergogna”. Per Licia Ronzulli, Vicepresidente del Senato, la separazione delle carriere rappresenta “una conquista di civiltà giuridica”, che rende la giustizia “non solo imparziale, ma percepita come tale da ogni cittadino”. Un principio ribadito anche da Lucio Malan, capogruppo di Fratelli d’Italia, che ha ricordato le mille persone innocenti che ogni anno finiscono in carcere.
Se da una parte il Centrodestra prepara la campagna con toni celebrativi, dall’altra l’opposizione promette battaglia. “Toccherà agli italiani fermare questa deriva”, il pensiero di Chiara Braga (Pd). Per Nicola Fratoianni (Avs), la destra è “garantista con i potenti e manettara con i deboli”. Dario Franceschini ha parlato di “Papetellum”, evocando il boomerang di una riforma imposta dall’alto.

La magistratura reagisce

Le reazioni dell’Associazione nazionale magistrati sono state immediate. La Giunta esecutiva ha definito la riforma una minaccia all’indipendenza dei magistrati, un tentativo di indebolire il ruolo del pubblico ministero come controllore della legalità. Il timore principale riguarda l’effetto sistemico della riforma: il rischio di creare una magistratura subordinata, sotto pressione politica e priva delle garanzie che oggi proteggono l’autonomia. Secondo l’Anm, l’obiettivo della riforma sarebbe quello di allineare i pubblici ministeri all’indirizzo del ministro della Giustizia, con un impatto devastante sul principio del giudice terzo e imparziale.
Una voce fuori dal coro arriva dal Consiglio nazionale forense. Il Presidente Francesco Greco ha accolto con favore l’approvazione, definendola un’opportunità per rafforzare le garanzie del giusto processo. Il punto fermo, secondo l’avvocatura, resta l’articolo 104 della Costituzione, che sancisce l’indipendenza della magistratura: “Non è stato modificato”. Greco ha però precisato che, se mai in futuro l’autonomia del pubblico ministero dovesse essere messa in discussione, l’avvocatura sarebbe la prima a scendere in piazza.

Il piano carceri

In parallelo al voto in Senato, il Consiglio dei Ministri sempre ieri ha dato il via libera al piano straordinario per l’edilizia penitenziaria, con uno stanziamento iniziale di 335 milioni di euro. L’obiettivo dichiarato è la realizzazione, entro il 2027, di oltre 9.600 nuovi posti detentivi, di cui circa 2.500 già in fase avanzata. Il piano punta a rispondere a un’emergenza storica: il sovraffollamento delle carceri, aggravato da carenze strutturali e di personale. Attualmente, secondo i dati del ministero, i detenuti sono oltre 62 mila, per una capienza regolamentare di 46.774 posti. Il Premier Meloni ha spiegato che “uno Stato giusto deve adeguare la capienza delle carceri al numero delle persone condannate, non il contrario”. Un principio che, nella visione dell’esecutivo, si traduce anche in assunzioni straordinarie di personale della polizia penitenziaria, con 1.000 nuovi agenti previsti nella prossima legge di bilancio.
Il piano carceri contiene anche un disegno di legge parallelo, volto a introdurre una forma di detenzione domiciliare presso comunità terapeutiche per i tossicodipendenti condannati a pene inferiori a otto anni. Una misura destinata a chi ha commesso reati minori legati alla dipendenza. Il Ministro Nordio ha spiegato che questa scelta, oltre a incidere sul sovraffollamento, può costituire un’opportunità concreta di recupero. Il principio della rieducazione della pena, previsto dall’articolo 27 della Costituzione, viene così affiancato da una proposta che punta su percorsi di reinserimento sociale e su una visione meno punitiva della detenzione.

Le critiche

Non sono mancate però le critiche. La Uilpa Polizia Penitenziaria, con il Segretario Gennarino De Fazio, ha denunciato una grave carenza di organico: 18.000 agenti in meno rispetto al fabbisogno. Il rischio, secondo il sindacato, è che l’aumento dei posti non sia accompagnato da un rafforzamento adeguato del personale, con il risultato di peggiorare ulteriormente le condizioni di lavoro. Pure Debora Serracchiani, Responsabile giustizia del d ha parlato di “presa in giro”. Il piano, secondo l’opposizione, sarebbe incompleto, troppo concentrato sull’edilizia e privo di interventi strutturali. La mancata approvazione della proposta Giachetti sulla liberazione anticipata viene indicata come prova di un atteggiamento ideologico e punitivo.

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