
Nel teatro 5 di Cinecittà, a Roma, il 7 maggio scorso è stata scritta la storia, perché per la prima volta una donna ha vinto il David di Donatello per la miglior regia. Maura Delpero ha conquistato questo ambito premio per “Vermiglio”, un film che racconta la storia di una famiglia sulle montagne del Trentino, alla fine della Seconda guerra mondiale. Un’opera delicata ed emozionante su cosa significa essere donna, sull’amore, sul rapporto padre figlia e sulla scoperta della propria identità.
Le donne vincitrici
Insieme a “Vermiglio”, sono stati premiati “Gloria!”, opera prima di Margherita Vicario e “L’Arte della gioia” di Valeria Golino e Nicolangelo Gelormini. Entrambi hanno ottenuto tre statuette, a dimostrazione che questi David sono stati davvero all’insegna del genere femminile. Le tre opere danno visioni diverse, in tempi differenti, delle donne, della loro condizione, della loro capacità di ribellarsi e prendere in mano la propria. Tratteggiano con estremo realismo la capacità di infrangere le regole e le visioni imposte da una società che le vorrebbe solo sottomesse agli uomini, nel loro ruolo di madri, figlie e sorelle.

Il successo, sia di critica che di pubblico, dei tre titoli dimostra ancora una volta quanto bisogno c’è di tali opere, capaci di mostrare agli occhi di tutti ciò che accade, portarlo in superficie e impedire che si guardi dall’altro lato, perché le vittorie si ottengono solo se si parla, si combatte per quello in cui si crede, per la parità, ma soprattutto per la libertà. Lascia, comunque, stupiti che ci sia voluto tutto questo tempo per premiare una donna come miglior regista. Una triste realtà che dimostra quanto è ancora lontano l’obiettivo e quanto ancora si dovrà lottare per raggiungerlo.
La libertà e il discorso di Elio Germano
La libertà è stata un altro “leitmotiv” della serata. Infatti, molti vincitori, durante i loro discorsi, hanno parlato di quello che accade nel mondo, delle guerre che mietono vittime, che tolgono la libertà e la dignità, che spogliano gli uomini della propria umanità, rendendoli solo numeri, soprattutto di morti che ogni giorno aumentano e che dipingono la tragica realtà della situazione globale.

D’impatto è stato il discorso di Elio Germano, che ha vinto il premio come miglior attore protagonista per il ruolo di Berlinguer in “Berlinguer – La grande ambizione” di Andrea Segre.
“Voglio dedicare questo premio – ha detto l’attore – proprio a tutte le persone che lottano, che lotteranno ancora e che continueranno a lottare per il raggiungimento di quella parità di dignità che è scritta nella nostra Costituzione. Parità di dignità vuol dire che tutte le persone devono essere degne allo stesso modo, una persona povera deve avere la stessa dignità di una persona ricca, di poter accedere all’istruzione, alla sanità. Una donna deve avere la stessa dignità di un uomo, un nero la stessa dignità di un bianco, un italiano la stessa dignità di uno straniero e – permettetemi di dire – un palestinese la stessa dignità di un israeliano”.
Non solo un attore incredibile, uno dei migliori nell’attuale panorama cinematografico, ma anche un uomo che si è sempre fatto carico delle questioni sociali, che affliggono i più deboli, quelli più in difficoltà e che non ha mai avuto timore di dire ciò che pensa.