Decreto aprile, maggio, giugno, decreto Rilancio, decreto Naftalina. Anzi, possiamo definirlo “Decreto ri-Lancio palla al centro” (maxi-manovra da 55 miliardi). Come dire, alla fine il compromesso è stato raggiunto. Oggi il Cdm lo vara.
Gli artefici del lavoro adesso gongolano: la ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova di Italia Viva (che sulla sanatoria ha fatto una questione di vita o di morte), la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese (tecnico), il ministro per il Mezzogiorno Giuseppe Provenzano (Pd) e del lavoro Nunzia Catalfo (Movimento 5 stelle).
Grillini e dem hanno trovato, quindi, la quadra (c’era da aspettarselo, le poltrone sono più forti delle idee), ma questo resta il governo di re-Tentenna.
Capiamo le difficoltà tecniche di varare manovre che gestiscano la ripartenza, la complessità delle categorie produttive da soddisfare, ma alla base c’è stata e resta, anche per il futuro, una difficoltà culturale che sta minando progressivamente e inesorabilmente la compattezza della maggioranza giallorossa. Al di là degli accordi in extremis.
È la distanza ideologica tra dem e pentastellati, che viene da lontano, affonda nelle rispettive radici politiche e si sta manifestando con sempre maggiore virulenza, in queste settimane, anche per ragioni di bandierina elettorale.
La premessa è che non si può governare la Fase-2, il riavvio delle attività economiche, con la mentalità con cui si è gestita la Fase-1. I Dpcm sono strumenti agevoli, possono essere usati per l’emergenza, ma alla lunga sono pericolosi, rischiano di essere non solo anticostituzionali, ma superficiali, approssimativi e sommari.
Troppe materie insieme e troppe ricette eterogenee. Su tutto, il dossier migranti, contenuto nel Decreto che, come noto, ha fatto tremare Conte.
Le sanatorie, ad esempio, non sono appalto o prerogativa di nessuno, in passato le hanno praticate sia esecutivi di destra, sia di sinistra.
E proprio sulla sanatoria c’è stato il casus-belli (una delle ragioni del ritardo del Decreto): i grillini non sembravano digerire lo schema della ministra degli Interni Lamorgese. Preoccupazioni legate ai sondaggi? Sindrome-Salvini? Sta di fatto che la soluzione che piaceva tanto al Pd aveva incontrato grosse resistenze. Tanto da preoccupare non poco il premier, che sta già iniziando a pagare, con la discesa dei consensi, questo momento di eterna prudenza e democristiana interlocuzione.
Alla fine però, cosa ha sbloccato il tutto? L’apertura a colf e badanti e maggiori rassicurazioni sui dettagli del provvedimento: esclusi i datori di lavoro condannati per caporalato e i reati di sfruttamento della prostituzione e immigrazione clandestina.
La soluzione prevede, come già si poteva desumere dalla bozza, due binari per le regolarizzazioni di italiani e stranieri, inclusa la possibilità di sanare in nero pagando un forfait di 400 euro e godendo di uno scudo penale.
E poi, disco verde sulle coperture dell’intero pacchetto. «Nessun problema di soldi», hanno assicurato dal ministero dell’Economia: arriveranno 10 miliardi per la Cig, 4 miliardi per il taglio dell’Irap e 6 miliardi per le Pmi, 2 miliardi per l’adeguamento di negozi e attività produttive alle norme anti Covid, 2 miliardi per misure fiscali, 2,5 miliardi per il turismo e la cultura, 5 per sanità e sicurezza. Una maxi manovra, come detto, da 55 miliardi che ha costretto il governo a chiedere lo scostamento di bilancio e che è arrivata ormai a quasi due mesi di gestazione.
Ovviamente, tornando alla sanatoria-migranti, i dem enfatizzano la lotta al caporalato(“regolarizzare lavoratori immigrati spunta le armi alla criminalità, contrasta il lavoro nero e protegge la loro e la nostra salute”); e in zona-Cesarini il capo M5s Crimi, come abbiamo visto, si è tranquillizzato sul rischio che a farla franca potrebbero essere gli sfruttatori.
Ma proprio questo è il problema: limitati i caporali, cosa impedirà un nuovo sfruttamento? Il tema sono le regole e la concezione della Repubblica. Che idea di cittadinanza dobbiamo avere? Una domanda strettamente connessa con l’immigrazione regolare, quella irregolare e le modalità per farle emergere e stabilizzarle nel mondo produttivo e nella società.
La posizione storica della sinistra e della destra sono incompatibili. Lega e Fdi, preferiscono far lavorare i migranti regolari, i beneficiati del reddito di cittadinanza, i quali accedendo ai soldi, avevano e hanno come presupposto, il reinserimento nel mondo del lavoro, non la legittimazione a poltrire sui divani. Sarebbe elemosina di Stato. Un modo comunque diffuso e presente nel pensiero assistenzialista della tradizione socialista e non solo.
La sinistra, dal canto suo, ha in mente una società multiculturale e accogliente, che al posto dei figli italiani che non si fanno più e dei lavori che gli italiani non fanno più, pensa a una mega etno-sostituzione con altri popoli provenienti dai paesi poveri del pianeta. Sanatorie per anonimi irregolari, che non risolvono, va ricordato, il tema dello sfruttamento e della criminalità. Posto, che la preferenza andrebbe data ai disoccupati italiani, ai migranti già regolarizzati, la materia ha bisogno di nuove leggi più efficaci per chi delinque e nuove leggi più efficaci per lavorare, a partire dai diritti del lavoro e dei lavoratori, che non devono essere compressi. Nessuno escluso.
Al posto dell’antico sfruttamento dei caporali, si può sfruttare pure con lo Stato o chi per lui, con stipendi da fame, voucher, senza articolo 18, senza garanzie, tutele vere e prospettive. E allora non avremmo risolto nulla. Anzi, avremmo un’altra schiavitù, nel segno dell’umanità e del buonismo.
Ecco, il decreto Rilancio la palla al centro è andato. Tocca vedere chi raccoglierà la palla. (Lo_Speciale)