Il Programma Alimentare Mondiale (WFP) delle Nazioni Unite ha annunciato l’esaurimento totale delle scorte alimentari destinate alle famiglie palestinesi nella Striscia. “La situazione è tornata a un punto di rottura,” si legge in un comunicato pubblicato sul sito dell’agenzia, che lancia un appello urgente all’apertura dei valichi per permettere l’ingresso degli aiuti. Il WFP avverte: senza un intervento immediato, anche la distribuzione di cibo potrebbe cessare, aggravando ulteriormente una crisi già estrema. Intanto, i bombardamenti israeliani continuano a mietere vittime. Solo nella giornata di ieri, sono stati registrati oltre 60 morti nella Striscia, con Gaza City e le zone settentrionali dell’enclave tra le più colpite. Le città di Jabalia, Deir al-Balah e Khan Yunis sono state bersaglio di raid aerei e colpi d’artiglieria. Tra le vittime, anche una donna incinta. Secondo il ministero della Salute locale, il bilancio delle vittime da quando le ostilità sono riprese il 18 marzo supera le 1.900 persone, con oltre 5.000 feriti.
Nuovi elementi su strage paramedici
Un nuovo capitolo si è aperto anche sulla morte di 15 paramedici palestinesi, uccisi a marzo da colpi di arma da fuoco israeliani. Un’inchiesta del quotidiano israeliano Haaretz mette in discussione la versione ufficiale dell’IDF, secondo cui non ci sarebbe stato fuoco indiscriminato contro ambulanze e mezzi di soccorso. Le prove raccolte indicherebbero invece che i veicoli sono stati colpiti ripetutamente per oltre tre minuti, nonostante i tentativi degli operatori sanitari di farsi riconoscere. Uno dei pochi sopravvissuti, Assad al-Nsasrah, si trova attualmente detenuto in Israele. Le autorità, facendo ricorso a leggi di emergenza, non hanno ancora permesso l’accesso a un avvocato, previsto solo dopo il 7 maggio.
Idf: amplieremo operazioni militari
Sul fronte politico-militare, Israele minaccia un’escalation. Il capo di stato maggiore delle forze armate, Eyal Zamir, ha dichiarato che, in assenza di progressi nel rilascio degli ostaggi detenuti da Hamas, le operazioni militari a Gaza subiranno un’intensificazione significativa. Un’ipotesi condivisa anche dal ministro della Difesa, Israel Katz, che non ha escluso nemmeno una futura occupazione di alcune aree dell’enclave. Secondo fonti israeliane, 24 ostaggi sarebbero ancora vivi a Gaza, mentre i corpi di altri 35 prigionieri sarebbero nelle mani di Hamas e dei suoi alleati.
Negoziati a Doha
In questo contesto teso, riprendono i negoziati per la liberazione degli ostaggi. A Doha è stato avvistato David Barnea, capo del Mossad, in visita per incontrare il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman al-Thani. Si tratta di un ritorno al tavolo delle trattative per Barnea, dopo essere stato sostituito nel ruolo di negoziatore da Ron Dermer, ministro per gli Affari Strategici e figura vicina al premier Netanyahu. La sua gestione, tuttavia, è stata ampiamente criticata dalle famiglie degli ostaggi e da membri dello stesso team negoziale, che lo accusano di agire con lentezza e inefficacia. Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, uno dei principali mediatori del conflitto, ha colto l’occasione per rivolgersi direttamente a Trump, esortandolo a farsi promotore di un “accordo giusto” tra Israele e Palestina, sul modello del trattato di pace israelo-egiziano del 1979. Durante un discorso commemorativo, al-Sisi ha ribadito che la creazione di uno Stato palestinese è l’unica strada per una pace stabile. Ha anche lanciato un chiaro monito contro qualsiasi ipotesi di “sfollamento forzato” della popolazione di Gaza, definendola una minaccia alla sicurezza nazionale egiziana.
Trump: “merito il Nobel”
Intanto, da Washington arrivano dichiarazioni che sembrano più legate alla scena politica interna che agli equilibri mediorientali. Donald Trump è tornato a rivendicare un ruolo centrale nella pace in Medio Oriente. Il presidente degli Stati Uniti ha dichiarato di meritare il Premio Nobel per gli Accordi di Abramo, firmati durante la sua amministrazione per normalizzare i rapporti tra Israele e vari Stati arabi. “Stiamo per aggiungere nuovi Paesi,” ha detto con enfasi, annunciando anche un colossale pacchetto di forniture militari all’Arabia Saudita, dal valore superiore ai 100 miliardi di dollari. L’accordo includerebbe armamenti avanzati, droni, munizionamenti di precisione e aerei da combattimento.
Iran
Parallelamente, la diplomazia internazionale torna a muoversi anche sul fronte iraniano. Oggi è previsto a Muscat, in Oman, un nuovo round di colloqui sul nucleare tra Teheran e Washington. Si tratta del terzo incontro informale tra le parti, dopo quelli di inizio mese tenutisi nella stessa capitale omanita e successivamente a Roma. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Esmail Baghai, ha espresso cauto ottimismo, sottolineando che eventuali progressi dipenderanno dalla “buona volontà” americana. Intanto, l’inviato Usa Steve Witkoff si trova a Mosca, tappa che precede il suo arrivo in Oman, in un quadro diplomatico che rimane fluido ma potenzialmente cruciale.