In Italia si stima che tra 15mila e 20mila persone siano coinvolte nella tratta di essere umani. Lo scrive il Rapporto appena pubblicato del Gruppo di esperti del Consiglio d’Europa sulla lotta alla tratta di esseri umani (Greta) che ha esortato le autorità italiane a intraprendere “ulteriori azioni, in particolare rafforzando le misure di lotta alla tratta a scopo di sfruttamento lavorativo” garantendo tempi della giustizia più brevi e sanzioni efficaci per i trafficanti. Il rapporto mostra che ogni anno in Italia vengono individuate tra le 2.100 e le 3.800 persone come possibili vittime della tratta. La maggior parte delle vittime sono donne (80%) ma aumenta anche il numero di uomini e vittime transgender. Molte donne sono incinte o hanno bambini piccoli. Le vittime minorenni sono circa il 3,5% e lo sfruttamento sessuale resta predominante ma in calo (84% nel 2018, 59% nel 2022). Cresce il numero delle vittime dello sfruttamento lavorativo (10% nel 2018, 38% nel 2022). Il Greta comunque puntualizza che queste cifre “non riflettono la reale portata del fenomeno” a causa delle persistenti limitazioni delle procedure per l’identificazione delle vittime, nonché di un basso tasso di autodenuncia da parte delle vittime che temono di essere punite o deportate. Le vittime provengono soprattutto da Nigeria (68,4%) seguita da Costa d’Avorio, Pakistan, Bangladesh e Marocco.
Settori dello sfruttamento lavorativo
Secondo il rapporto, la tratta a scopo di sfruttamento lavorativo continua a essere sottostimata. I settori ad alto rischio includono l’agricoltura, il tessile, i servizi domestici, l’edilizia, l’ospitalità e la ristorazione. Il rapporto rileva una serie di sviluppi positivi dall’ultima valutazione dell’Italia effettuata dal Greta. Tra questi figurano l’adozione di un nuovo piano d’azione nazionale contro la tratta, l’aumento dei finanziamenti per l’assistenza alle vittime e lo sviluppo di procedure operative standard per l’identificazione dei minori vittime di tratta e sfruttamento.
Magistratura lenta e inefficace
Tuttavia, il Greta esprime preoccupazione su una serie di questioni: si è registrata una diminuzione del numero di indagini, procedimenti giudiziari e condanne per tratta di esseri umani. Anche se il tribunale concede un risarcimento alle vittime che partecipano come parte civile in un procedimento penale, possono trascorrere diversi anni prima della decisione definitiva. Il Greta teme inoltre che nessuna vittima della tratta abbia ricevuto un risarcimento dal fondo per le misure anti-tratta pertanto invita le autorità a “garantire che i reati di tratta di esseri umani siano indagati in modo proattivo e tempestivo” e portino a “sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.” Inoltre, le vittime della tratta dovrebbero ottenere una decisione sul risarcimento nell’ambito del procedimento penale, entro un “termine ragionevole.”
Sfruttamento radicato
Nel rapporto si riconosce che sono stati compiuti sforzi per migliorare l’individuazione delle vittime della tratta tra i richiedenti asilo, in particolare da parte delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. Secondo il rapporto, l’Italia ha adottato misure per prevenire la tratta a scopo di sfruttamento lavorativo, come l’adozione di linee guida sull’identificazione, protezione e assistenza alle vittime dello sfruttamento lavorativo in agricoltura. Tuttavia, lo sfruttamento del lavoro continua ad essere profondamente radicato in alcuni settori che dipendono fortemente dalla manodopera migrante.