La recente decisione delle Autorità monetarie di inasprire, ulteriormente, il tasso di interesse sollecita alcune considerazioni. Le economie europee sono afflitte da un ciclo inflattivo e la cosa più ovvia sembra quella di avviare una politica monetaria restrittiva. Keynes ha insegnato che, in presenza di processi inflazionistici, occorre tagliare la domanda globale, attraverso un’accorta politica monetaria, a cui si può –o deve- accompagnare una politica di inasprimento delle imposte.
Una rigorosa politica monetaria incide, infatti, sulla domanda di beni di investimenti; mentre il ricorso alla leva tributaria incide sulla domanda per beni di consumo. Entrambe le misure colpiscono la domanda globale. E, poiché si suppone che i processi inflazionistici siano originati da un eccesso di domanda, la concomitante adozione delle misure prima richiamate –o solo di una di esse-, ha o dovrebbe avere l’effetto di spegnere o calmierare tali processi.
Sennonché è probabile che lo strumentario keynesiano di governo dell’economia abbia perso, in parte, l’ idoneità a consentire il governo dei moderni economici. L’illustre economista inglese elaborava le sue teorie, avendo come referente reale la “grande crisi” del 1929, ossia un ciclo economico caratterizzato essenzialmente da un fenomeno recessivo. A ciò si aggiunga, che nel periodo, considerato il mercato internazionale -delle materie prime ed in particolare, di quelle importate dai paesi europei- assumeva un rilievo alquanto modesto.
Il quadro di riferimento è profondamento mutato: l’attuale ciclo economico è un mix di inflazione alta e recessione. In questo caso, la sola adozione di misure tendenti ad incidere sul tasso di interesse, rischia di non dare alcun risultato.
L’inflazione in Europa non dipende da eccesso di domanda globale, ma dalla considerevole lievitazione dei prezzi delle materie e, segnatamente, dei prodotti energetici.
Misure restrittive della domanda globale potrebbero non incidere affatto sui prezzi ma aggraverebbero la recessione.
Keynes non teneva conto dei problemi connessi al commercio internazionale. Ai suoi tempi i flussi di importazioni dei paesi europei erano alquanto modesti. Per questo Keynes dà rilievo centrale alla recessione e considera l’inflazione determinato essenzialmente da un eccesso di domanda globale.
Il quadro ora è, considerevolmente, mutato con lo sviluppo del commercio internazionale. In questo contesto, i prezzi dei beni importati sono una variabile non suscettibile di essere controllata dai paesi importatori. E, poiché il costo dei beni importati, incide sui livelli dei prezzi dei paesi importatori, ciò dà luogo a fenomeni inflattivi non sempre determinati dalla domanda globale interna.
Misure tendenti ad incidere sulla domanda globale rischiano non solo di non spegnere l’inflazione, ma accentuano la stagnazione e la recessione.
Servono nuovi strumenti teorici e di governo dell’economia, che tengano conto del rilievo acquisito dal commercio internazionale.