sabato, 20 Aprile, 2024
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Il monito di Draghi sulle politiche sociali: ricchi e poveri: 21 posseggono quanto 12 milioni di italiani

La quota di persone a rischio di povertà, secondo l’ultima ricerca condotta da Eva Pastorelli e Andrea Stocchiero (Engim/Focsiv per Gcap Italia), ha raggiunto il 20,3% della popolazione, circa 12 milioni e 235 mila individui.

“Porre rimedio a questa triste situazione”. Sono le parole del premier Draghi risuonate al Social Summit europeo in Portogallo. Sono un invito all’Europa a fare di più per contrastare disuguaglianze e povertà. I dati infatti sono chiari e indicano, una crescente emarginazione degli strati più deboli della società.

Negli ultimi dieci anni, in Italia la disuguaglianza si è intensificata, segnalano, inoltre Istat e Oxfam Italia.

I divari tra i ricchi e i poveri sono aumentati con un crescente numero di persone in condizioni di povertà estrema. I gruppi a più basso reddito non sembrano, inoltre, aver beneficiato della debole ripresa economica degli ultimi anni.

 

AUMENTA IL RISCHIO DI POVERTA’

In questo scenario di differenze tra agiatezza e povertà si è assistito in questi anni ad un balzo delle condizioni di ricchezza per i benestanti e di caduta per i poveri. Dal 2014 ad oggila ricchezza netta media pro capite è diminuita da 88. 625 euro a 87. 451 euro. Il 20,3 % della popolazione, oltre 12 milioni di persone, è a rischio di povertà. Al contrario nel 2018 la ricchezza dei 21 miliardari italiani più ricchi presenti nella classifica stilata da Forbes è stata pari a tutte le risorse detenute dal 20 % più povero della popolazione.

“Anche la disuguaglianza intergenerazionale”, sottolineano Eva Pastorelli e Andrea Stocchiero, “ha subito un peggioramento: per la prima volta  le persone di età compresa tra i 25 e i 40 anni si troveranno in condizioni peggiori rispetto ai propri genitori, nonostante rappresentino la generazione più istruita nella storia d’Italia”.

Persistono le disuguaglianze di genere: solo il 38,7 % delle giovani donne con un diploma di istruzione superiore è occupato, rispetto al 50,8 % degli uomini; solo il 43,3 % delle donne percepisce un reddito da lavoro (dipendente o autonomo) rispetto al 62 % degli uomini.

“L’85% delle famiglie monoparentali”, emerge dalla ricerca, “in condizioni di povertà estrema ha come persona di riferimento una donna”. Molte le cause che hanno determinato questo profondo divario.

 

UN NUOVO MODELLO SOCIALE PIU’ EQUO

“Le disuguaglianze odierne”, evidenziano Eva Pastorelli e Andrea Stocchiero, “infatti, sono la conseguenza di decisioni politiche che hanno introdotto cambiamenti radicali nella distribuzione del potere economico e sociale tra il Sud e il Nord d’Italia, le zone urbane e rurali, la popolazione maschile e femminile, le nuove e le vecchie generazioni, i sindacati e le aziende e all’interno di queste ultime”. Un giudizio che si allarga anche nelle analisi dei sindacati che ricordano come in Italia c’è stata una caduta di diritti.

In assenza di un nuovo modello sociale più equo, povertà e frammentazione sociale potrebbe peggiorare ulteriormente con l’affermarsi dei processi di digitalizzazione e automazione. Alla luce di queste considerazioni suonano come l’annuncio di una maggiore attenzione le parole del premier.

“Il sogno europeo è di garantire che nessuno venga lasciato indietro”, ha ricordato Draghi, “Ma, già prima della pandemia, le nostre società e i nostri mercati del lavoro erano frammentati”, dalle diseguaglianze, e “questa non è l’Italia come dovrebbe essere, né l’Europa come dovrebbe essere”.

 

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