venerdì, 26 Aprile, 2024
Ambiente

Ambiente ed economia, pesanti i danni

Non solo Amazonia e Siberia, in Italia i roghi dolosi nel 2019 sono triplicati. Un danno fatto all’ambiente, alla fauna e agli uomini che è costato quai 21 mila ettari di boschi andati in fumo nei primi otto mesi dell’anno. Il 60% degli incendi appiccati in zone di pregio naturalistico, in aree verdi e boschive, è di origine dolosa. In trent’anni è andato perso il 12% del patrimonio.

Complessivamente l’Italia detiene un’area boschiva che copre il 36.4% del territorio nazionale, quasi 11 milioni di ettari. Una crescita costante che ha superato i livelli di guardia, non per i benefici che il bosco può dare, ma per l’incuria umana che ha lasciato incustoditi milioni di ettari.

Gli alberi e la vegetazione del sotto bosco coprono i terreni incolti, le aree più impervie. Una avanzata anche misteriosa, perché la ricchissima quantità di specie alboree e la straordinaria vegetazione del bosco è stata catalogata solo al 9%. In questo scenario già caotico dove non si riescono avere né benefici ecologici né quelli legati alla produzione e lavorazione del legno, si sovrappone l’attacco distruttivo dei piromani che crea incalcolabili danni in più settori.

“Da Lampedusa alle Dolomiti, l’Italia ha una quantità di specie diverse pari a quella che si incontra dal Nord Africa al Circolo polare artico”, ricorda il Crea, (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), “nonostante i 10,9 milioni di ettari di boschi, il settore della produzione di legno è in ginocchio. Non solo non abbiamo imparato ancora a preservare e a gestire al meglio le foreste, insomma, ma neanche a sfruttarne le risorse in maniera sostenibile”. In questo contesto gli incendi rappresentano una ulteriore minaccia per l’ambiente, per le risorse boschive, per la fauna e per l’uomo.

“Un fatto che preoccupa”, fa presente la Coldiretti, “sebbene il clima anomalo favorisca la propagazione delle fiamme, il 60 per cento degli incendi è causato volontariamente per mano di piromani senza scrupoli”.

I dati raccolti dall’Effis (l’European forest fire information system) contano in Italia 20.395 ettari andati a fuoco nel 2019. Rispetto all’anno 2017 il più siccitoso in due secoli di misurazioni, si tratta di un dato, per fortuna, decisamente inferiore: due anni fa, infatti, erano andati distrutti oltre 140 mila ettari. “Ma, se paragoniamo il 2019, allo stesso periodo del 2018, quando gli incendi erano stati solo 87, il numero dei roghi è triplicato”, calcolano a Coldiretti.

Stesso discorso per i roghi innescati in Europa. Si tratta spesso di incendi circoscritti che riguardano mediamente aree di 30 ettari, ma se sommati si arriva a 1.554 roghi per una superficie boschiva andata in fumo di quasi 261 mila ettari. Nel 2019 in Europa le fiamme hanno divorato il doppio di ciò che è andato distrutto nel 2018. Oltre agli alberi va in fumo la vegetazione, viene colpita a morte una ricchissima fauna e una vastissima biodiversità.

Per il lento recupero delle aree serviranno poi 15 anni, con pesanti ricadute per settori diversi, come il turismo, per il legname, per l’occupazione indotta. Più si brucia e più l’ambiente diventa una minaccia per la vita ma anche per l’economia. “Un costo drammatico che l’Italia è costretta ad affrontare perché”, scrive la Coldiretti, “è mancata l’opera di prevenzione, sorveglianza e soprattutto di educazione ambientale sul valore inestimabile di un patrimonio determinante per la biodiversità e per la stabilità idrogeologica del territorio”.

La Protezione civile stima che negli ultimi trenta anni sia andato perso addirittura il 12 per cento del patrimonio forestale del nostro Paese. I dispositivi di legge ci sono. oltre al delitto di incendio doloso, si deve applicare la legge sugli ecoreati e in particolare il reato di disastro ambientale. Quindi chi commette ecoreati dovrebbe essere colpito in modo severo. Altro capito oltre quello ambientale, è il paradosso italiano: abbiamo 10,9 milioni di ettari di boschi, ma il settore della produzione di legno è in ginocchio. In altri versi non preserviamo e nemmeno siamo capaci di gestire produttivamente una risorsa così importante. “I prelievi di legno nelle foreste italiane si fermano infatti tra il 18 e il 37%, contro una media europea del 62-67%.

L’Italia risulta al terzo posto in Europa, dopo Regno Unito e Germania, per importazione di legno, con più di 20 milioni di tonnellate di materiali importati, in gran parte dai Paesi extraeuropei”. Una sproporzione che crea un danno non solo all’economia nazionale – dove le imprese della selvicoltura sono diminuite del 25,9% e gli occupati delle 33,3% dal 2008 -, con la scomparsa delle segherie per la trasformazione del prodotto grezzo.

Secondo una stima di Federlegno e Conlegno, il 30% del legnameimportato nel vecchio continente dai Paesi extra Ue sarebbe infatti di provenienza illegale. E l’Italia, che è il primo esportatore in Europa di prodotti di legno finiti, ma con materiali di provenienza estera, fa la sua parte. Il regolamento Eutr (European Union Timber Regulation) è entrato in vigore cinque anni fa, per sviluppare un sistema di certificazione della provenienza legale del legno importato. Ma ad oggi solo 3mila delle 20mila aziende italiane interessate, tra le 12mila del settore carta e le circa 8mila del legno-arredo, si sono adattate. Tra incendi che devastano e tra mancate riforme e tutele del patrimonio boschivo e di aree verdi, l’Italia scivola tra i Paesi maglia nera, tutti magari pronti a condannare gli scempi altrui per non vedere quelli di casa nostra.

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