La pandemia sta causando difficoltà anche ai viticoltori svizzeri. Associazioni e politici percepiscono ora la possibilità di far passare vecchie richieste di chiusura del mercato. Non lasciare mai che una crisi passi inutilizzata.
Tre membri del Parlamento svizzero, consci di questo adagio, hanno infatti presentato la mozione “Misure urgenti Covid 19 per la viticoltura”. L’idea sarebbe di obbligare gli importatori locali ad includere il vino svizzero nel loro assortimento. Il prossimo lunedì, la commissione economia (WAK) del Consiglio degli Stati tratterà la mozione presentata dai tre consiglieri della Svizzera francese. Il clima politico e’ estremamente favorevole.
A causa della pandemia alcuni viticoltori temono per la loro esistenza.
Con la chiusura dell’Horeca, uno dei loro più importanti canali di vendita si è prosciugato. Si stima che lo scorso anno le vendite di vino siano calate fino al 40%. A ciò si aggiunge che le cantine erano già piene fino al soffitto prima della pandemia.
Non si possono biasimare i viticoltori e i loro lobbisti per aver chiesto l’aiuto dello Stato in queste circostanze.
Dal 2001 possono essere importati in Svizzera fino ad un massimo di 170 milioni di litri di vino rosso e bianco con una aliquota di dazio agevolata. Bisogna dire che tale contingente non e’ mai stato finora completamente utilizzato. Proprio questa eccessiva capienza infastidisce i viticoltori della Svizzera francese.
L’iniziativa parlamentare che verrà discussa lunedì mira infatti a dimezzare la quota di importazione di vini stranieri a 85 milioni di litri. Nel 2019, circa 150 milioni di litri sono stati importati entro il contingente tariffario agevolato. Quindi circa 65 milioni di litri potrebbero divenire soggetti a una tariffa più alta.
Inoltre, poiché il vino straniero diventerebbe più costoso, anche le importazioni potrebbero tendere a diminuire.