venerdì, 6 Giugno, 2025
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Tempo e felicità nel mondo del lavoro: la visione di Giuseppe Conte (HR) sullo Smart Working nel volume edito da Castelvecchi

Giuseppe Conte, manager delle Risorse umane, tra i più apprezzati nel nostro Paese, affronta nel suo libro “In difesa dello smart working”, edito da Castelvecchi, le sfide e le opportunità legate al lavoro flessibile.
Con un’esperienza consolidata nel management pubblico, Conte esplora l’importanza di conciliare l’impiego con la vita privata, sottolineando la necessità di una nuova cultura aziendale.
Gli abbiamo posto alcune domande per focalizzare meglio i punti centrali della sua riflessione.

Quanto è importante lo smart working per un cambio di cultura all’interno di una organizzazione aziendale?

“Lo smart working è uno strumento che può contribuire a un importante cambio di paradigma. Con l’autorità si può chiedere il rispetto delle regole, ma non si può imporre un cambiamento culturale. Motivare le persone non è questione di premi o punizioni, ma ispirarle a trovare gratificazione nel loro lavoro. Lo smart working diventa così un potente elemento di fiducia, responsabilità e crescita reciproca”.

In un contesto in continua evoluzione, trattenere i talenti è essenziale. Quali sono gli obiettivi di un’azienda che vuole essere davvero competitiva nei confronti della cosiddetta “Gen Z”?

“Sicuramente tra gli strumenti più importanti per realizzare questo scopo rientra l’utilizzo dello smart working, che consente di andare incontro alle esigenze dell’azienda e del lavoratore, regalando una delle cose più preziose: il bilanciamento tra vita lavorativa e privata. Senza dubbio poi l’approccio a una leadership orizzontale che, allontanandosi dal rigido schema verticistico, contribuisce a creare fiducia. Così le decisioni non vengono calate dall’alto, ma sono prese in una dinamica di stretta collaborazione tra le diverse anime dell’organizzazione”.

In chiave aziendale, quali sono le caratteristiche che rendono un leader davvero “moderno”?

Nel libro si parla di “elogio della mitezza”. “Siamo abituati a pensare al leader come a colui che ‘mostra i muscoli’, ma questo non fa più parte del modo moderno di intendere la vita delle organizzazioni. Le modifiche radicali dettate dalla governance orizzontale e dallo smart working rendono necessario passare dal ‘controllo’ al ‘governo’: così al manager viene affidato il compito di orientare, di comunicare ma anche di ascoltare e di dare fiducia; gli viene chiesto di essere pronto ad accogliere la trasformazione ‘che bussa alla porta’”.

Lei fa riferimento al tema del “canto della sirena del ritorno in ufficio”. Può spiegarci cosa intende?

“Ritrovarsi in territori sconosciuti, come quando si affrontano nuovi strumenti di lavoro, può farci tornare verso dove ci sentiamo più sicuri, in acque che sappiamo navigare meglio. La vera sfida allora è proprio questa: viaggiare verso l’inesplorato, creare nuovi modelli per affrontare il presente e il futuro, senza aver paura delle nuove tecnologie. In questo senso, il lavoro ibrido verrà definito sempre di più da come interagiamo con le macchine”.

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