Nel cuore del Golfo Persico, lontano dai riflettori e in aperto contrasto con la linea ufficiale americana, funzionari dell’amministrazione Trump hanno incontrato più volte rappresentanti di Hamas in Qatar per tentare un accordo sul rilascio dell’ostaggio israelo-americano Edan Alexander. Lo rivela un’inchiesta del New York Times, secondo cui questi colloqui, condotti nel marzo scorso da Adam Boehler, uomo d’affari e inviato speciale del presidente USA per la gestione degli ostaggi, si sono svolti in segreto, scavalcando il governo israeliano e rompendo con una politica di lungo corso che vieta ogni contatto diretto con il gruppo palestinese, considerato organizzazione terroristica dagli Stati Uniti.
I primi incontri si sarebbero svolti dopo l’iftar, nel pieno del Ramadan, alla presenza di tre esponenti di spicco di Hamas: Taher al-Nono, Basem Naim e Osama Hamdan. Due giorni dopo, Boehler ha incontrato il capo negoziatore Khalil al-Hayya per discutere un possibile scambio: in cambio dell’ostaggio americano, Hamas avrebbe richiesto la liberazione di 250 prigionieri palestinesi, 100 dei quali condannati all’ergastolo, come gesto di buona volontà. Nonostante una controproposta americana (100 ergastolani subito, e altri 150 in un secondo momento) le pressioni da parte di Israele si sono fatte immediate. Ron Dermer, consigliere del premier Netanyahu, ha espresso “ira” per non essere stato informato dei colloqui, mentre una fuga di notizie ha fatto trapelare tutto alla stampa, affossando i negoziati. Pochi giorni dopo, il 5 marzo, Hamas ha diffuso una dichiarazione pubblica di apertura, troppo tardiva per riattivare il canale diretto: a quel punto Boehler si era già ritirato dai negoziati, e il successore Steve Witkoff, inviato a Doha, ha tentato senza successo di rilanciare i contatti chiedendo la liberazione di ostaggi vivi, senza però offrire in cambio alcuna garanzia sulla fine del conflitto.
Nuovo ambasciatore Usa in Israele
Intanto, la nomina di Mike Huckabee ad ambasciatore americano in Israele ha suscitato nuove polemiche. Ex governatore dell’Arkansas, figura di spicco della destra cristiana conservatrice, Huckabee è noto per le sue posizioni estremiste a favore delle colonie illegali nei territori occupati da Israele. “Non esiste la Cisgiordania occupata”, dichiarò nel 2017 da un insediamento israeliano. “Esistono Giudea e Samaria. Non esiste l’occupazione”. La sua nomina, voluta da Donald Trump, rafforza una linea già marcata dal trasferimento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, e conferma l’appoggio incondizionato di Trump alla politica israeliana, anche a costo di accrescere le tensioni regionali e internazionali.
Francia pronta a riconoscere Palestina
Sul fronte europeo, è stata invece la Francia a scuotere ulteriormente gli equilibri. Il presidente Emmanuel Macron ha dichiarato in un’intervista a France 5 che Parigi potrebbe riconoscere ufficialmente lo Stato palestinese a giugno, durante una conferenza internazionale copresieduta con l’Arabia Saudita a New York. “Non lo faremo per compiacere nessuno, ma perché è giusto”, ha detto Macron, auspicando una dinamica di riconoscimento reciproco tra Palestina e Israele. Accolta con favore dalla diplomazia palestinese, la mossa ha suscitato l’immediata reazione del ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar, che su X ha definito il gesto un “premio al terrorismo”.
Licenziati riservisti contro la guerra
La tensione è alta anche all’interno dello Stato ebraico. Circa mille riservisti israeliani – tra cui molti piloti – hanno firmato una lettera chiedendo la liberazione degli ostaggi e di fermare l’offensiva militare a Gaza. Un gesto di rottura duramente condannato dal premier Benjamin Netanyahu: “Un rifiuto a servire è imperdonabile, anche se mascherato da linguaggio ambiguo”, ha dichiarato. L’esercito israeliano ha annunciato il licenziamento dei firmatari dalla riserva, confermando la linea dura contro ogni forma di dissenso interno.