Ritorna come un fiume carsico la “questione cattolica” e si susseguono convegni come quelli di Milano organizzato da Graziano Del Rio e di Orvieto promosso da “Libertà Nazionale” con Paolo Gentiloni, Giorgio Tonini ed Enrico Morando.
La presenza in politica si è rarefatta come constatato da tutti. L’interventismo in politica è limitato ad alcune cruciali faccende. La Chiesa di fatto ha diradato la propria presenza, nonostante i tentativi come quello della Settimane Sociale di Trieste e praticamente non considera prioritario l’impegno politico – diretto o indiretto -, né per i pastori né per i fedeli. Ma quella questione c’è, perché ci sono i cattolici (cittadini/elettori) e c’è una Chiesa che, pur attraversando una crisi profonda e grave, osserva e vigila, mantiene aspettative nonostante orienti meno di prima, solo in parte ed in qualche modo, i fedeli, limitandosi solo in certe occasioni a giudicare i governanti ed i politici italiani.
La religione cattolica è tuttora parte integrante della cultura, della storia, della vita del nostro popolo. Eppure, anche oggi molti vorrebbero che i cattolici si limitassero ad essere buoni cittadini, buoni lavoratori e buoni padri di famiglia senza incidere da protagonisti nel mondo e nella società e, soprattutto, senza “disturbare il manovratore”, che ci sta portando sempre più verso una società atea e secolarizzata.
Le responsabilità di tale processo sono imputabili anche agli stessi cattolici, a causa di quella malattia che li affligge e che – come la definì il filosofo Augusto Del Noce – “può anche essere mortale: il senso di subalternità nei confronti di altri progetti culturali”, che negli anni del post-Concilio si fece più acuto che mai, mettendo in crisi tutto l’associazionismo cattolico e l’idea stessa di una Dottrina sociale cattolica.
Eppure, a partire dalla “Rerum Novarum” si assistette ad uno sviluppo, un approfondimento ed un rifiorire del pensiero sociale della Chiesa (senza avere la necessità di un partito cattolico e/o di cattolici) “che impose a noi, come a tutti i cattolici italiani – affermava il conte Medolago Albani al IX Congresso dei cattolici italiani tenutosi a Vicenza nel settembre del 1891 – il dovere di procedere nell’azione economica sociale in modo più energico, più ampio e sistematico”.
Invece – continuava Augusto Del Noce – “nel cattolicesimo progressista si diffuse negli anni ’60 e ’70 la convinzione che la Dottrina sociale della Chiesa fosse un’ideologia cattolico-conservatrice, borghese, un supporto in più del capitalismo”.
E anche tra i cattolici ci fu – ma ci sono anche e di più ai nostri giorni – chi ritenne questa dottrina superata, tanto che la stessa Chiesa mise in sordina questo fondamentale insegnamento che nasce – come è scritto nella Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede “Libertà cristiana e Liberazione” – “dall’incontro del messaggio evangelico e delle sue esigenze, che si riassumono nel comandamento supremo dell’amore di Dio e del prossimo e nella giustizia, con i problemi derivanti dalla vita della società”.
Così vi furono, da parte di questi cattolici, dei veri e propri rigetti.
In questo scenario è estremamente importante che siano presenti i cattolici fedeli al Magistero di sempre che sappiano rilanciare la Dottrina sociale cattolica come contributo sempre originale di idee, di programmi e di sentimenti.
I laici cristiani, partendo da essa, potranno cercare di impostare correttamente i problemi contingenti e concreti che si pongono all’uomo di oggi per cercare di realizzare un progetto politico e sociale per il bene, la giustizia e la pace in vista e nella speranza del regno di Dio.
Il Magistero, nel corso della storia non si è limitato solamente ad affermare e sostenere le verità di fede, ma ha fornito sempre alla comunità cristiana criteri per giudicare le singole situazioni, le strutture sociali, i comportamenti umani, le istituzioni di modo che tutto il suo sapere non fosse solamente teorico, ma anche pratico ed orientato all’azione concreta.
È, dunque, un vero e proprio invito all’azione sociale concreta quello che rivolge la Chiesa ai laici cattolici, che operano in tutti i campi delle realtà temporali. Essi dovranno tener conto che anche qui la prima norma da seguire è la difesa e la salvaguardia della dignità della persona, in relazione alla quale dipenderà la conformità o la difformità dei programmi, delle decisioni, delle attività dei governi, dei partiti politici, dei sindacati, delle istituzioni, dei gruppi e delle persone.
Proprio per questo la Chiesa non offre un particolare modello di vita sociale, né è legata a nessun sistema politico ed invita perentoriamente i propri ministri a mantenersi fuori da ogni partito politico e ad evitare di dare appoggi preferenziali a questa o quella organizzazione, al fine di conservare meglio la propria libertà nell’opera di evangelizzazione della realtà politica e di evitare di creare inutili divisioni nel popolo di Dio.
Ciò non significa, però, che non incoraggi i suoi fedeli laici a prendere coscienza della propria responsabilità nella comunità politica e a vivere in maniera matura e adulta la propria fede nella dimensione politica, evitando cosi il pericolo del divorzio tra fede e vita e lavorando per soluzioni e modelli nei quali la concezione cristiana della vita si possa realizzare.
Certo è molto difficile “la sintesi coerente fra l’interiore tensione verso un cristianesimo esigente e l’efficacia delle azioni sociali”.
Si tratta di aiutare tanti credenti ad approfondire il senso ultimo della partecipazione alla vita sociale e politica, in modo che si vada diffondendo sempre più non solo nell’ambito cattolico, ma anche nell’intera società la consapevolezza che siano le persone – e non le classi o lo Stato o le masse o i partiti – ad essere i soggetti attivi e responsabili della vita sociale e che perciò esse debbano avere il primato sulle strutture sociali e su qualsiasi altro tipo di organizzazione.