Disney, un nome, miliardi di ricordi ed emozioni. Non c’è persona al mondo che sentendolo non ritorni ad essere un bambino affascinato dalle storie di Topolino, Simba e tutte le principesse. Negli ultimi 15 anni, però, la Compagnia ha deciso di concentrarsi sui remake in live action dei suoi film passati producendo pochissimi lungometraggi totalmente nuovi. Ma perché è successo ciò?
Le motivazioni sono tre: il guadagno economico, lo stare al passo con i tempi e la voglia di attirare un pubblico proveniente da culture, ambienti geografici e fasce di età diverse.
Per rendere possibile tutto questo la Disney ha dovuto rimaneggiare le storie originali e attualizzarle, giustificando così anche la loro produzione. Un’arma a doppio taglio che ha accontentato le persone ma le ha anche deluse. Per esempio, nel remake di Aladdin (di Guy Ritchie, 2019) l’attualizzazione è incarnata dal personaggio di Jasmine (Naomi Scott). Il pubblico assiste a una nuova Jasmine: indipendente, moderna, non si pone il problema di dire le cose come stanno e se deve parlare nessuno può zittirla, è consapevole del suo valore e del potere che possiede. In questo film il suo personaggio è più centrale rispetto a quello d’animazione del 1994 e a tratti sembra più importante dello stesso Aladdin.
I bambini, i ragazzi di oggi hanno più consapevolezza del mondo che li circonda. Proprio per questo è fondamentale che i rifacimenti siano inclusivi e al passo con i tempi. Le storie hanno un grado di maturità maggiore ed è giusto così. D’altronde chi lavora in questo settore non può permettersi di ingannare il pubblico dei più giovani mostrando loro realtà falsificate che poi non aiutano quando devono fare i conti con la vita vera.
Il discorso, però, è più complesso di quello che sembra perché, se da un lato il cambiamento è efficace e aiuta le nuove generazioni a ritrovarsi nei personaggi e nei film, per le vecchie generazioni, più legate alla storia originaria e alle sensazioni che a suo tempo aveva suscitato in loro, è difficile accettare il cambiamento.
Le cose dal punto di vista tecnico sono invece diverse e più semplici; perché trasformare un film d’animazione in uno con attori in carne ed ossa ha i suoi vantaggi. Sono un’eccezione solo i film, come Il Re Leone, che hanno per protagonisti gli animali, resi freddi e apatici dalle tecnologie.
Ma quindi i remake servono davvero?
La risposta varia da film a film, alcuni hanno avuto un senso altri no. Molti, nonostante il successo economico, sono emotivamente una delusione. Ci si aspetta di provare la magia e le sensazioni di una volta che però non arrivano; se visivamente l’estetica è eccellente, manca un qualcosa che tocchi corde più in profondità.
La speranza di far leva sulla nostalgia e sulle emozioni alla fine ha fatto perdere di vista alle produzioni Disney il fattore più importante del loro successo: far viaggiare con la fantasia attraverso i film. Perché come si può viaggiare con la fantasia per esplorare mondi sconosciuti e lontani dalla propria realtà se la maggior parte di quello che producono oggi è già visto?
Un’impasse cui solo il tempo potrà dare una risposta, a noi non resta che guardare quello che succederà.