giovedì, 5 Dicembre, 2024
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Essenza metafisica e concretezza esistenziale del bene comune

Bene comune è un concetto sociologico che include un contenuto metafisico da cui prende luce la struttura dello Stato contemporaneo. In fondo, il bene comune è il fine delle persone che vivono in una collettività: fine della collettività come tale e fine dei singoli in quanto associati; fine naturale, oggettivo, intrinseco ed essenziale della vita sociale. Se infatti gli uomini si uniscono in società è perchè prendono coscienza dei loro bisogni, delle esigenze della loro natura, delle loro capacità di espansione e di collaborazione, e nello stesso tempo avvertono i benefici che possono trarre dalla loro associazione nel lavoro e nella vita; e il bene comune è dunque la risultante di queste attività associate, lo scopo a cui mirano, la ragion d’essere della società, la norma suprema della condotta sociale. In concreto esso si identifica con l’insieme di condizioni necessarie allo sviluppo integrale e quindi al perfezionamento della persona umana nella società.

Così inteso il bene comune ha una sua essenziale originalità. Quantunque sia costituito e alimentato dai beni particolari, non si identifica col bene delle singole persone, né risulta dalla semplice addizione o da una condizione arbitraria dei beni particolari, ma è un “tutto” vitale e dinamico che scaturisce dall’armonica coordinazione delle attività e funzioni sociali, di cui il termine di convergenza e il principio costitutivo di unità nella molteplicità e varietà delle componenti della società.

Sotto l’aspetto metafisico esso è una partecipazione sovreminente del “bene” come proprietà trascendentale dell'”essere”, quale si trova nella fonte infinita di ogni realtà, il seno d’Abramo da cui proviene tutto l’essere creato: perciò San Tommaso lo percepisce come qualcosa che è “divinus” per rapporto a tutti i beni particolari, perché quantitativamente e qualitativamente partecipa maggiormente alla perfezione di Dio. Anche tradotta in termini filosofici e “laici”, questa concezione del bene comune include pur sempre il riferimento ad un assoluto di perfezione, ossia al bene metafisico, da attuare nella vita sociale in forme storiche di giustizia, ordine e pace, che siano di aiuto allo sviluppo integrale dell’uomo

Il bene di ognuno e di tutti

Il rapporto persona-società si ritrova così come elemento essenziale in questa concezione del bene comune, che include la socialità come condizione e proprietà connaturale della persona umana, capace di espansione e bisognosa di collaborazione, tendente alla convivenza e contribuente alla costituzione e all’incremento di un comune patrimonio di cultura e civiltà, che si risolve in bene di ognuno e di tutti.

E’ così esclusa ogni forma di individualismo egocentrico e antisociale che faccia prevalere gli interessi particolari sul bene comune, ma anche ogni forma di collettivismo e totalitarismo societario e specialmente statolatrico che opprima la persona umana, impedendone lo sviluppo autonomo e conculcandone il fondamentale diritto alla libertà, che è la radice della sua libertà.

La misura del bene comune è la perfezione dell’uomo, che l’individuo raggiunge solo nell’agire per lo sviluppo di tutte le sue capacità in collaborazione con altri individui nell’ambito della società o comunità. La perfezione dell’uomo è dunque l’elemento saliente del bene comune come norma concreta e oggettiva delle relazioni tra le persone in seno alla società e quasi si direbbe, come “dover essere” a cui deve commisurarsi la vita sociale nella storicità delle condizioni concrete, in ordine allo sviluppo che la società è chiamata a favorire e promuovere nelle diverse situazioni socioculturali.

Il che, oggi implica anche tutto un insieme di iniziative socio-economiche prese dalla società e una disciplina societaria delle attività individuali e collettive che non mortifichi ma fomenti e diriga la mutua collaborazione, secondo un programma o piano di sviluppo che appoggi, orienti e garantisca la confluenza di tutte le forze operanti della società al bene comune.

La questione che nasce subito è quella di una giusta dosatura tra l’iniziativa personale e il condizionamento e disciplinamento che essa riceve dalla società.

Il contenuto del bene comune

Qui osserviamo che il bene comune è costituito da un insieme di valori e di beni che formano un tutto unitario superiore a ogni settore particolare: il diritto, l’economia, la cultura, il costume, la morale, la religione, la vita interiore. Ciò significa che il bene comune si estende e approfondisce secondo le dimensioni stesse dell’uomo. Il che non esclude che specialmente in certe epoche nella società prendono particolarmente rilievo i problemi economici, come base o presupposto indispensabile del progresso anche in altri campi.

Oggi poi la visuale del bene comune si dilata su un raggio di ampiezza rispondente alle istanze del ciclo storico che l’umanità attraversa e alle tendenze più connaturali allo spirito umano: quelle dell’universalità. Perciò è imprescindibile, oggi, per la vita sociale e politica svolgersi secondo queste esigenze e dimensioni, sia pure nel senso di una equilibrata politica di rapporti internazionali.

Interpretazioni del bene comune

Si può dire che il bene comune, così delineato, è di marca tipicamente cristiana e si è affermato come concetto e valore sotto l’influsso del Cristianesimo. Nella antichità non troviamo elementi sufficienti per definire adeguatamente il bene comune come, anzi, talora non apparendo nemmeno il sospetto del valore della persona umana, come tale, lo scopo della società viene identificato con il bene di una parte soltanto dei suoi membri. Anche in seguito, in varie epoche, quando vige l’assolutismo monarchico non si attua l’ideale cristiano del bene comune in quanto il bene della comunità, dello Stato, viene identificato con il bene del re, o della sua famiglia, o della sua dinnastia. Più recentemente lo statalismo, o addirittura il panteismo statale, concepisce lo Stato come incarnazione di uno spirito o volontà divina, che ha il diritto di imporsi “ex alto” e di sacrificare, se necessario, i suoi membri, sia per una loro spontanea donazione di sè, sia in forma coercitiva: il bene degli individui non ha senso fuori del bene dello Stato, ai quali l’uomo è ordinato e subordinato come la parte del tutto.

La carenza di bene comune si nota soprattutto nella teoria del liberalismo economico, sviluppatasi nella seconda metà del secolo XVIII, caratterizzata dall’asserzione del primato dell’individuo e del suo benessere come pure dalla fede ottimistica nella risultanza positiva delle azioni individuali in funzione del benessere sociale, per una sorta di meccanica immanente dell’economia. La dottrina del laissez faire” considera la libertà di iniziativa e di movimento come l’unica via del benessere sociale (concetto legato prevalentemente alla produzione); il benessere sociale si determina dal convergere di una molteplicità di sforzi individuali per accrescere le comodità e i servizi posti a disposizione della collettività, ma senza che gli individui intenzionalmente provvedano al bene comune e lo assumano come norma d’azione; esso comunque si realizza come per l’intervento di una invisibile mano (Adam Smit).

Benthan definisce come bene comune la somma del benessere dei singoli individui, e alla società assegna come fine unicamente la tutela dei diritti e dell’esercizio delle libertà individuali.

Per Marx non si può parlare di problematica del bene comune se non nel senso dell’identificazione di ogni bene con esso. L’uomo diventa capace di bene quando assume la mentalità stessa della comunità, che è il concreto insieme degli uomini storicamente moltiplicati e collaboranti. Poichè l’uomo viene inteso nella più elementare e semplice accezione di un essere che è in grado di soddisfare i propri bisogni, ne consegue che è la società che pone tutti i singoli individui in grado di essere uomini, eliminando ogni prospettiva di bene individuale come fattore discriminante e sostituendola con la sola prospettiva universale del bene comune come bene dell’uomo-comunità, dell’uomo che lo può godere in quanto è comunità.

Gli autori cristiani

La dottrina cristiana del bene comune si può dire esposta nei suoi elementi essenziali da San Tommaso, secondo il quale il bene comune è il fine proprio della comunità, ed è inteso come felicità comune, ossia come perfezione umana realizzata con una certa completezza mediante la collaborazione sociale: un ” bonum comune perfectum”, di cui fanno parte tutti i beni necessari alla vita.

Nella comunità la legge ha lo scopo di condurre i singoli uomini, come a fine, al bene comune, ordinando i loro atti appunto alla felicità comune, che è la pienezza del bene anche per ogni singolo uomo, perchè l’individuo trova il suo compimento nella comunità, come la parte del tutto. Il bene comune è lo stesso bene umano, a cui aspira la comunità umana secondo le inclinazioni e i dettami della legge naturale, ma esso diviene il bene della società civile che si concretizza in determinate condizioni di spazio, di tempo, di cultura ecc., e nella quale la legge umana, come partecipazione della legge naturale, ordina gli atti dei cittadini alla giustizia e alla pace, che sono le componenti, appunto, del bene comune politico. Ma come la legge umana trova il suo fondamento nella legge naturale, ed è ad essa subordinata, così il bene comune della società civile è ordinato a quel bene comune perfetto che è il fine supremo della comunità umana.

Secondo Maritain il fine della società, ossia il bene del corpo sociale, non è la semplice collezione dei beni privati, nè il bene proprio di un tutto che frutti soltanto per sé e sacrifichi a sé le proprie parti; ma è la buona vita umana nella moltitudine, è la comunione di molti nel vivere bene. Perchè questo ideale e fine si attui nella concreta realtà storica, è necessario garantire il riconoscimento dei diritti fondamentali delle persone, che il bene comune implica ed esige, e quindi promuovere il loro massimo accesso alla totalità dei valori in cui si esprime ed espande il loro essere. Questa totalità non si riduce solo ad un insieme di vantaggi e di benefici ma implica un’integrazione sociologica di valori: la coscienza civica, le virtù politiche, il senso della legge e della libertà, l’attività di tutti, la prosperità materiale e le ricchezze spirituali, la rettitudine morale, la giustizia, l’eroismo nella vita individuale e nei rapporti tra i membri della società.

In base a questa interpretazione del bene comune come bene della collettività umana concretizzata nella società civile, e, in essa, delle persone che ne sono membri, è abbastanza ovvio affermare che lo Stato è ordinato e subordinato al bene comune e questo principio deve ispirare tutta la sua attività.

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