giovedì, 19 Dicembre, 2024
Sanità

Pubblicato da CIIP il documento di Consenso Sorveglianza sanitaria e accomodamento ragionevole

Con il Terzo Documento di Consenso pubblicato la settimana scorsa dalla Consulta Interassociativa Italiana della Prevenzione, CIIP, cui aderiscono tredici associazioni professionali e scientifiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro, sulla Sorveglianza Sanitaria e Accomodamento ragionevole, viene definito con chiarezza il percorso da seguire per tutelare il lavoratore diversamente abile nello svolgimento della mansione lavorativa cui è destinato, utilizzando un approccio assolutamente innovativo rispetto al passato ed identificando nel medico competente la figura centrale per tale procedura.

Come indicato dalla Convenzione ONU del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilità e dalla Direttiva 2000/78/CE, l’accomodamento ragionevole rappresenta l’insieme dei provvedimenti appropriati in funzione delle esigenze concrete, messi in atto per consentire al lavoratore disabile di svolgere un’attività lavorativa su base di uguaglianza con gli altri, senza limiti o discriminazioni imposti da barriere comportamentali o ambientali.

Le sentenze della Corte di giustizia europea del l’11 aprile 2013 (C 335/11) e del 4 luglio 2013 (C 312/11) hanno chiarito che il concetto di disabilità è molto ampio e non riguarda solo le condizioni riconosciute dalle specifiche normative di settore (cosiddette categorie protette), ma tutti i casi in cui una persona non può svolgere appieno la propria attività lavorativa per problemi di salute fisica o mentale. Rientrano pertanto in tale ambito: – i lavoratori con disabilità accertata in base alla normativa specifica (D.Lgs. 62/2024), che siano assunti o meno come categoria protetta; – i lavoratori riconosciuti invalidi a causa di infortunio o malattia professionale; – i soggetti cosiddetti fragili o comunque affetti da patologie croniche; – i lavoratori parzialmente o totalmente inidonei alla mansione specifica (così come certificato dal medico competente); – i lavoratori parzialmente o totalmente inidonei alla qualifica (così come certificato dalle commissioni o dai collegi medico-legali ex art. 5 della L. 300/1970).

In tutti questi casi l’accomodamento ragionevole rappresenta semplicemente l’adattamento del lavoro al lavoratore con patologie e/o disabilità. Rispetto all’approccio tradizionale della medicina del lavoro, l’accomodamento ragionevole: – non è solo la riduzione dei rischi lavorativi (adottando ulteriori misure di prevenzione per limitare i livelli di esposizione, o escludendo le attività a maggior rischio) ma riguarda anche gli aspetti organizzativi, il contenuto e le modalità del lavoro; – non mira semplicemente ad assicurare al lavoratore un’attività meno nociva, o meno gravosa, ma a consentirgli di continuare a svolgere, senza pregiudizio per la salute, il lavoro per cui è stato assunto e formato (nella propria mansione o in un’altra mansione compatibile); – non ha solo l’obiettivo di mantenere posto di lavoro e retribuzione, ma di valorizzare talento e competenze in una logica di inclusione, che impedisca ogni forma di discriminazione.

Secondo l’Osservatorio Malattie Occupazionali e Ambientali, OSMOA, dell’Università degli Studi di Salerno, si tratta di cambiamenti culturali assolutamente nuovi,  legati alla procedura  dell’accomodamento ragionevole,  elaborata dalla CIIP e governata fondamentalmente dal Medico Competente aziendale insieme al Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ed i relativi Addetti, al Preposto e al Dirigente dell’Azienda, al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza ed al determinante ruolo del Disability Manager.

I soggetti aziendali che gestiscono la produzione (datori di lavoro e dirigenti) devono adattare l’organizzazione del lavoro alle esigenze individuali connesse alle condizioni di salute del lavoratore e per le risorse umane e i preposti che debbono calare le disposizioni nella realtà produttiva quotidiana, mentre il RSPP che, nella valutazione dei rischi e nella definizione delle misure preventive e protettive, dovrà tenere conto anche dei lavoratori con disabilità o patologie che limitano l’idoneità lavorativa.

Al medico competente non toccherà soltanto indicare limitazioni e prescrizioni che tutelino adeguatamente il lavoratore, ma deve contribuire ad individuare una utile collocazione del lavoratore nel ciclo produttivo che sia compatibile con le esigenze di salute, mente il lavoratore disabile o inidoneo (parzialmente o totalmente) deve collaborare attivamente per rimodulare la propria mansione, anche quando questo comporti un allungamento dei tempi o un cambiamento delle procedure, evitando invece di sottovalutare i propri problemi di salute, o al contrario di cercare sgravi o benefici estranei alla soluzione dei problemi.

 Tutti gli altri lavoratori su cui possono ricadere conseguenze dell’adattamento dell’organizzazione del lavoro alle esigenze del lavoratore disabile o inidoneo (si pensi ad esempio alla ripartizione dei turni o dei carichi di lavoro)  devono per questo essere coinvolti nei processi di inclusione, evitando ogni forma di stigma.

La tematica è molto ampia e travalica i confini delle politiche aziendali di salute e sicurezza entrando a far parte delle politiche riguardanti una gestione del personale attenta alla diversità ed inclusione e l’istituzione del disability manager che affianca i ruoli aziendali già preposti.

“Non è possibile, a questo punto, ha sottolineato Gennaro Sosto, vice presidente vicario di Federsanità nazionale  e direttore generale ASL Salerno, non coinvolgere tale figura soprattutto nel comparto socio sanitario, dove ci si trova a gestire organici di migliaia di operatori coinvolti in delicati ed impegnativi compiti assistenziali alla persona, ed  il recupero anche di un solo dipendente diversamente abile può fare la differenza”.

A tal proposito una specifica norma indica tra le condizioni di diversità l’età, il genere e le disabilità per le quali le politiche di inclusione prevedono azioni di aggiustamento alle esigenze individuali, quali adattamento degli ambienti, degli orari, delle attrezzature, ecc. Come in tutti i modelli di sistemi di gestione, anche questo richiede il coinvolgimento di tutte le funzioni aziendali, la condivisione degli obiettivi, la definizione di regole e procedure.

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