sabato, 6 Luglio, 2024
Hi-Tech

IA, l’avvertimento del Garante della Privacy: “Rischi per le istituzioni se non ben governata”

Potrebbe sostituire nei prossimi anni circa 85 milioni di posti di lavoro

“L’Intelligenza Artificiale fa parte del nostro quotidiano, ma dobbiamo saperla gestire”. Questo il sunto della presentazione della Relazione annuale al Parlamento fatta dal Garante della Privacy, Pasquale Stanzione. Mezzi tecnologici sempre più sofisticati, ma che devono essere usati con criterio secondo lo stesso Stanzione. “L’Intelligenza Artificiale è ormai entrata a far parte del nostro orizzonte quotidiano di vita e sempre più ne sarà elemento costitutivo, con effetti della cui portata non siamo, forse, del tutto consapevoli” ricorda il Garante, per il quale “il diritto ha il compito di colmare questo vuoto di consapevolezza, fornendoci gli strumenti per capire come porre realmente al servizio dell’uomo ciò che può rappresentare tanto uno straordinario fattore di sviluppo, benessere, promozione del pubblico interesse quanto anche, se non ben governato, una fonte di rischi tutt’altro che trascurabili, per la persona, la società, la democrazia”.

Una sfida, quella che si prospetta secondo il Garante, che sarà “tutta nel rendere l’evoluzione tecnologica davvero mimetica e non soltanto protesica, capace cioè di simulare l’uomo e la sua razionalità, prima e oltre che colmarne le carenze, un fattore di progresso non solo tecnico ma sociale, temperando, per riprendere le parole del Pontefice, con l’‘algoretica’ gli eccessi dell’‘algocrazia’”.

Occupazione a rischio

Il tema dell’IA va a toccare anche il comparto del lavoro, come ha sottolineato Stanzione, creando non poche preoccupazioni, oltre che nuovi scenari: “L’Intelligenza Artificiale potrebbe sostituire, nei prossimi anni, circa 85 milioni di posti di lavoro creandone, tuttavia, 97 milioni di nuovi, sebbene con un rischio di nuove, ulteriori diseguaglianze, evidenziato con preoccupazione dal Fondo monetario internazionale. E non si tratta, del resto, di un rischio così peregrino, se si considerano le profonde disuguaglianze che, anche sul terreno del lavoro, il capitalismo digitale ha prodotto, rispetto ai lavoratori ‘invisibili’ della gig economy”.

L’ambito sanitario

Continuando nella presentazione del Rapporto, il Garante della Privacy ha parlato anche di sanità: “In ambito sanitario sono moltissime e sempre più significative le applicazioni di intelligenza artificiale a fini diagnostici, sperimentali, terapeutici. Secondo una recente ricerca, le molecole farmacologiche scoperte mediante l’intelligenza artificiale mostrerebbero un tasso di successo, nella prima fase clinica, pari a circa l’80-90%: una promessa importante per la cura di molte malattie. E a dimostrazione delle straordinarie potenzialità delle neo-tecnologie, basti pensare che si ricorre già al Metaverso per effettuare visite mediche a detenuti, così da coniugare il diritto alla salute, che neppure in carcere può ammettere limitazione, ed esigenze di sicurezza (è il progetto della colonia penale di Mamone)”.

La diffusione delle intercettazioni

I rischi legati al mondo tecnologico, però, continuano a essere moltissimi, come quello della gestione delle intercettazioni in ambito giudiziario: “Si dovrebbero, peraltro, rafforzare ulteriormente le garanzie per le intercettazioni mediante captatore” – ammonisce Stanzione – “la cui applicazione sta mostrando tutti i limiti della delega, alla tecnica, di uno strumento potenzialmente “onnivoro” quale il ‘trojan’, tanto più se utilizzato ‘a strascico’” e, per quanto riguarda la tutela della privacy, ha ricordato che “se si limita la pubblicabilità delle intercettazioni ai soli contenuti riprodotti dal giudice in propri provvedimenti, si circoscrive notevolmente il novero dei dati suscettibili di circolazione al di fuori del giudizio, ammettendola soltanto per le informazioni rilevanti a fini processuali. Queste modifiche sottendono, ovviamente, un bilanciamento tra privacy e diritto di e all’informazione, la cui definizione – ha proseguito Stanzione – è riservata alla discrezionalità del legislatore. Ciò che si può auspicare, anche rispetto alla delega legislativa sul divieto di pubblicazione integrale o per estratto dell’ordinanza di custodia in fase di indagini – è che si contenga la tendenza a scambiare l’interesse sociale della notizia con il gossip. La sfida della democrazia è, infatti, proprio nel coniugare la ‘pietra angolare’ del diritto di e all’informazione con la dignità personale, di cui la protezione dei dati è peculiare espressione: tanto più in un ordinamento, come il nostro, dalla vocazione intrinsecamente personalista”.

Odio in rete e revenge porn

Informazioni non solo in campo giudiziario, ma anche quelle che circolano sul web provenienti da altri canali e che possono generare vere e proprie ondate di odio, come il caso della vicenda di Asia, vittima di odio digitale: “La vicenda di Asia, la ragazza insultata in rete perché malata, così come quella, di pochi mesi precedente, della ristoratrice toltasi la vita per non aver retto alla ‘condanna’ dello spietato tribunale di internet, simboleggiano, drammaticamente, le aberrazioni cui può giungere l’odio digitale. Preoccupa l’uso offensivo del web – afferma Stanzione – la diffusione anche tra i giovani di messaggi istigativi, discriminatori nei confronti, generalmente, di minoranze, delle donne o di chiunque sia percepito come ‘altro-da-noi’, con rivendicazioni identitarie in forma aggressiva. Le stesse caratteristiche socio-tecniche (c.d. affordances) delle piattaforme sono, spesso, non neutrali rispetto al genere e tali, dunque, da agevolare o, quantomeno, normalizzare atteggiamenti sessisti”.

Oltre all’odio e al sessismo, anche vendette consumate attraverso la diffusione di materiale privato, con il fenomeno del ‘revenge porn’ in aumento nel 2024, con 299 segnalazioni di persone che hanno denunciato la possibilità che loro materiale dal contenuto sessuale potesse essere diffuso via internet, con un raddoppio rispetto al 2023. Le segnalazioni, ha spiegato il Garante per la protezione dei dati personali, sono state trattate in maniera tempestiva, con la maggior parte dei provvedimenti che hanno visto coinvolte le piattaforme di condivisione, così da bloccare la diffusione di video e foto.

L’IA e la guerra

In aggiunta ai fattori che riguardano la sfera privata, l’IA gioca un ruolo sempre più centrale anche nella guerra: “La persistenza della guerra, ai confini d’Europa e, da ottobre scorso, anche nel cuore del Mediterraneo, offre all’intelligenza artificiale un drammatico terreno di sperimentazione in contesti bellici, dove la potenza geometrica dell’algoritmo rischia di amplificare senza limiti la capacità offensiva dei conflitti, sottraendo all’uomo il controllo della violenza. Si tratta – ha ricordato il Garante – non tanto e non soltanto dei droni, cui si è fatto ampio ricorso nel contesto russo-ucraino, quanto di sistemi, come Lavender, utilizzati nel conflitto israelo-palestinese per identificare i target, tuttavia con un ampio margine di tolleranza delle ‘casualties’ (vittime collaterali): emblematico ossimoro del dramma della guerra. Secondo alcune fonti – ha proseguito – citate da ‘The Guardian’, infatti, l’alto numero di civili rimasti vittime dei bombardamenti sulla striscia di Gaza sarebbe imputabile all’uso indiscriminato dell’intelligenza artificiale. Quella stessa intelligenza artificiale che, paradossalmente, Mosab Alì utilizza come terapia per i traumi subiti dai bambini della Striscia. E se Lavender contempla ancora una decisione finale umana, seppur meramente estrinseca, sull’indicazione proposta dall’algoritmo, si stanno sperimentando strumenti offensivi capaci anche di prescinderne, come si è chiarito alla ‘Conferenza internazionale di Vienna’ di aprile. Si ritiene, non a torto, che le armi autonome possano rappresentare la nuova bomba atomica, per gli effetti dirompenti e l’assenza di regole che ne potranno caratterizzare l’utilizzo, tanto da qualificare quello attuale come un nuovo ‘momento Oppenheimer’”.

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