mercoledì, 26 Giugno, 2024
Economia

Cgia: “La spesa del Superbonus pari a 1,2 milioni di alloggi pubblici”

L’Associazione artigiani e piccole imprese contesta la misura

Il Superbonus 110% ha finora comportato un costo di 122,6 miliardi di euro in detrazioni fiscali per le casse pubbliche italiane. Questo ingente investimento, se indirizzato diversamente, avrebbe potuto trasformare radicalmente il panorama abitativo del Paese. Questo quanto riferisce la Cgia di Mestre in una sua analisi. Secondo lo studio, con questi fondi si sarebbero potute costruire 1,2 milioni di nuove unità abitative pubbliche, a un costo ipotetico di 100mila euro ciascuna. Questo avrebbe permesso di demolire e ricostruire tutte le 800mila case popolari esistenti, molte delle quali sono in condizioni fatiscenti, con tecnologie moderne e ad alta efficienza energetica. In più, avremmo avuto 400mila alloggi pubblici aggiuntivi, contribuendo significativamente a risolvere l’emergenza abitativa che affligge circa 3,5 milioni di persone, secondo il Censis.

Conti pubblici

Il Superbonus, invece, sino ad ora si è comportato come un Robin Hood al contrario per la Cgia: ha tolto ai poveri per dare ai ricchi. Con una spesa di oltre 122 miliardi, nei prossimi anni sarà molto difficile far quadrare i conti pubblici secondo l’analisi, pregiudicando la possibilità di reperire nuove risorse aggiuntive da destinare alla sanità pubblica, all’edilizia sovvenzionata e per contrastare la povertà e l’esclusione sociale. Settori, quelli appena citati, di primaria importanza, perché costituiscono l’asse portante del welfare del paese che, in massima parte, è chiamato a sostenere le persone meno abbienti dal punto di vista economico e sociale.

È evidente che quella appena denunciata dall’Ufficio studi della Cgia altro non è che una provocazione; tuttavia dà l’idea di come, attraverso il Superbonus, lo Stato abbia speso con una certa “leggerezza” una cifra ingentissima destinandola soprattutto alle persone più danarose.

Natura regressiva

Al netto delle considerazioni puramente teoriche e provocatorie appena riportate più sopra, le poche statistiche disponibili confermano comunque queste tesi. In più di un’occasione la Banca d’Italia ha evidenziato la natura regressiva di questa agevolazione fiscale destinata al miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici. E anche la Corte di Conti ha avuto modo di denunciare come le risorse impegnate per il cosiddetto 110 per cento abbiano interessato, in particolare, le persone più benestanti. Secondo la magistratura contabile, infatti, le detrazioni per il risparmio energetico estrapolate dalle dichiarazioni dei redditi Irpef relative all’anno di imposta 2021 hanno interessato il 5,6 per cento dei contribuenti con meno di 40mila euro di reddito e il 37 per cento circa di quelli con oltre 150mila euro. Insomma – con un costo spaventoso per le finanze dello Stato che, in massima parte, ha avvantaggiato i più ricchi – il Superbonus è diventato una misura dai contorni “surreali”, se non fosse, purtroppo, che a pagare il conto nei prossimi anni saranno chiamati a rispondere tutti gli altri, in particolare le fasce sociali più deboli. Queste, infatti, non potranno beneficiare di risorse aggiuntive a sostegno delle principali misure di welfare state; in quanto il debito pubblico, “a seguito della generosità di questo provvedimento”, è destinato ad aumentare, di un ulteriore punto tra il 2024 e il 2026, arrivando così a toccare il 137,7 per cento del Pil.

L’obiezione

Chi politicamente ha voluto e continua difendere questo provvedimento, sostiene che non si debba guardare solo alla spesa che lo Stato si è fatto carico fino ad ora, ma anche agli effetti economici positivi che esso ha generato. Vale a dire più gettito (Irpef, Ires, Iva, etc.), più occupazione, più Pil, più risparmio energetico e meno emissioni di inquinanti. È un’obiezione corretta che, tuttavia, è facilmente confutabile dalla posizione tenuta dalla Cgia; se invece di ricorrere al Superbonus per incentivare quasi esclusivamente gli interventi di edilizia privata “ci fossimo avvalsi di questa misura per costruire/rifare solo gli edifici residenziali pubblici, le conseguenze appena richiamate dai “sostenitori” del 110 per cento sarebbero state praticamente le stesse. Con una differenza sostanziale: nel secondo caso avremmo compiuto un’azione di giustizia sociale che la misura attualmente in vigore ha paurosamente disatteso”.

Risultati modesti

Anche i risultati ottenuti dal Superbonus sono modesti. La Banca d’Italia stima che i benefici ambientali compenserebbero i costi finanziari in quasi 40 anni. Sebbene gli investimenti in edilizia residenziale siano aumentati del 60% tra il 2021 e il 2022, il contributo del Superbonus alla crescita del PIL è stato limitato. Inoltre, il settore delle costruzioni, “drogato” dal Superbonus, ha visto un aumento temporaneo degli occupati, ma ora che l’agevolazione sta scemando, gli occupati stanno diminuendo.

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