venerdì, 3 Maggio, 2024
Società

Gaza, la crisi umanitaria si aggrava. Il piano di Israele, controllo militare in Palestina poi creazione di uno Stato

Mar Rosso. Crosetto: l'Europa prenda una posizione concreta. Escluse missioni in terra ferma

La popolazione di Gaza sta morendo di fame a causa delle restrizioni imposte sugli aiuti umanitari. L’ha detto il direttore delle emergenze dell’Organizzazione mondiale della sanità, Michael Ryan, riportando i riflettori sulle vere vittime della guerra scatenata da Hamas con l’attacco del 7 ottobre scorso. Ieri centinaia di camion con aiuti umanitari destinati alla popolazione della Striscia di Gaza si sono accumulati al valico di Rafah da parte egiziana, e altre centinaia ad Al-Arish e Sheikh Zuweid. Il blocco degli aiuti è anche conseguenza delle proteste dei parenti degli ostaggi che hanno deciso di protestare rallentando il flusso di aiuti finché non vengono liberati i famigliari sequestrati da Hamas. Questo nonostante la polizia israeliana abbia arrestato decine di manifestanti.

Popolazione accusa Hamas

Ieri, comunque, da Rafah sono transitati 80 camion, tra cui 4 autocisterne, consegnati all’Unrwa e alla Mezzaluna Rossa palestinese. Per quanto riguarda gli ingressi, l’Egitto ha accolto oggi 86 tra feriti e malati di tumore che saranno curati negli ospedali egiziani, e i loro accompagnatori. Sono usciti dalla Striscia anche 86 stranieri tra cui un italiano membro della Croce Rossa internazionale. Intanto circola sui social un video di un palestinese che, su una strada tra Khan Younis e Rafah, si rivolge ai soldati occupanti israeliani in ebraico, criticando Hamas di aver abbandonato i civili. “Non andatevene da qui”, sembra dire l’uomo ai soldati, mentre arranca lungo una pista fangosa con altri tre uomini e una donna anziana seduti su un carro. “La gente è stupida, non capisce niente. Noi non abbiamo nulla a che fare con tutto questo. Sono stati Sinwar e Haniyeh”, grida l’uomo, riferendosi rispettivamente al leader e al capo del politburo di Hamas. “Haniyeh è in un ristorante in Turchia, e Sinwar è sotto terra a mangiare carne, mentre noi siamo qui a mangiare proiettili in testa”, aggiunge l’uomo.

Da Parigi, piccola speranza

Qualche speranza si è riaccesa sull’accordo di Parigi anche se il governo di Israele non ha dichiarato nulla ufficialmente. Il Gabinetto di guerra israeliano deve ancora esaminare i termini dell’intero accordo. Il premier Benyamin Netanyahu ha intanto visto una rappresentanza delle famiglie degli ostaggi ancora a Gaza ribadendo “il suo impegno a riportare tutti a casa” e che i dettagli della possibile intesa devono restare riservati in modo che ci si possa lavorare. Netanyahu si sarebbe però opposto alla richiesta di questo gruppo di famiglie di considerare il rilascio degli ostaggi prioritario rispetto alla necessità di portare avanti la guerra. Sul fronte politico il capo dell’opposizione, Yair Lapid, si è detto disposto ad unirsi al governo di emergenza del primo ministro Netanyahu per sostituire il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir, che a sua volta aveva minacciato di lasciare il governo se la proposta per lo scambio degli ostaggi e il cessate il fuoco a Gaza, che aveva definito “negligente”, fosse andata avanti. Equilibri difficili da sostenere, mentre il Fondo Monetario Internazionale focalizza le perdite economiche: il prodotto interno lordo di Gaza e Cisgiordania si è contratto lo scorso anno del 6%. Una caduta di nove punti percentuali rispetto al + 3% previsto solo 4 mesi fa, prima dell’attacco dei miliziani palestinesi a Israele. Una profonda contrazione dell’attività produttiva ha colpito anche la Cisgiordania.

La sicurezza nel Mar Rosso

La missione europea nel Mar Rosso “non condurrà nessuna operazione su terra, solo in mare in modalità difensiva”. Lo ha rimarcato il capo della diplomazia Ue, Josep Borrell, nella conferenza stampa tenuta al termine della riunione informale dei ministri della Difesa. “La sicurezza marittima si è significativamente deteriorata nel Mar Rosso nelle ultime settimane”, ha dichiarato Borrell, facendo riferimento agli attacchi lanciati contro navi mercantili dal gruppo yemenita Houthi. Per questo l’Ue intende lanciare la missione “Aspides, dal greco Scudo, è uno scudo per agire solo in modo difensivo, per proteggere le navi” e agire come “presenza di deterrenza”. Il dispiegamento sarà “proporzionato alla minaccia che siamo chiamati ad affrontare”, ha proseguito il capo della diplomazia Ue, precisando che la missione “sarà dispiegata al più tardi il 19 febbraio, spero, e sono certo avverrà”, perchè se “non tutti gli Stati membri partecipano, ma nessuno la ostacolerà”. Il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, presente all’incontro informale dei ministri della Difesa a Bruxelles, ha detto: “mi auguro che finalmente l’Europa possa prendere una posizione più concreta e meno burocratica, perché i tempi che viviamo richiedono velocità e pragmatismo, non possiamo permetterci di affrontare i problemi come abbiamo fatto sinora”.

Morti palestinesi, una indagine

L’Ong Palestinian Prisoner’s Society (Pps) ha denunciato l’esecuzione di 30 palestinesi di Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza. Lo riporta l’agenzia di stampa palestinese Wafa. Il ministero degli Esteri palestinese ha chiesto che la vicenda venga indagata da una squadra investigativa internazionale: “secondo le testimonianze di cittadini palestinesi, più di 30 corpi in decomposizione di martiri palestinesi sono stati scoperti sepolti nel nord della Striscia di Gaza, sono stati uccisi mentre erano bendati e con le mani legate, prova evidente che sono stati giustiziati nelle forme più orribili.” Un uomo ha raccontato in televisione: “mentre stavamo pulendo, ci siamo imbattuti in un mucchio di macerie nel cortile della scuola. Siamo rimasti scioccati nello scoprire che decine di cadaveri erano sepolti sotto questo mucchio. Nel momento in cui abbiamo aperto i sacchi di plastica nera, abbiamo trovato i corpi già decomposti. Erano bendati, gambe e mani legate. C’erano manette di plastica sulle mani e sulle gambe e strisce di stoffa intorno agli occhi e alla testa”.

Il Piano di Israele

Il Jerusalem Post ha anticipato quello che è stato definito “il piano segreto” di Israele per il dopo guerra. Il piano prevederebbe la creazione di un governo militare a Gaza, mirando a lungo termine alla creazione di un Stato palestinese e alla normalizzazione con l’Arabia Saudita. Una seconda fase per la formazione di una coalizione araba internazionale, comprendente Arabia Saudita, Egitto, Marocco, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e altri. Questa coalizione dovrà far parte di un più ampio accordo di normalizzazione regionale, sostenendo la creazione della “nuova Autorità Palestinese.” Stando al piano, Israele porrà fine all’amministrazione militare e cederà il governo di Gaza a funzionari che non saranno “né affiliati ad Hamas né direttamente associati alla guardia del presidente dell’Autorità Palestinese” Abu Mazen. Tuttavia “Israele manterrà il diritto di condurre operazioni di sicurezza a Gaza, come in Cisgiordania, ogni volta che ci saranno esigenze operative per contrastare il terrorismo o infrastrutture terroristiche.” Se tutto dovesse andare come nel Piano entro due/quattro anni Israele riconoscerà uno Stato palestinese delineato all’interno dei territori dell’Autorità Palestinese e prenderà in considerazione il trasferimento di ulteriori terre che non richiedono insediamenti.

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